Crescendo ci dimentichiamo cosa sia davvero l’Amore.
Siamo presi da orari, responsabilità, tempo, consegne.
Quando siamo più piccoli, in quella età di conoscenza pura, l’unica cosa che ci tocca è consegnarci agli altri.
Si inforca una bicicletta, si percorrono metri, chilometri, per rincorrere l’amato.
«Sto venendo da te. Nel tuo parcheggio»
Tra le strade di piccoli paesi, una maglietta sgualcita, una bicicletta presa in prestito. La città brillante, così lontana dalle luci più soffuse e sfuocate della periferia.
La città, come l’America, è lontana.
E i sentimenti, qui, sembrano più grandi, grandi come quell’America, gonfi e vivi come la luna.
E basta il caso e il coraggio a muovere quella palla gialla lassù, nel cielo di biliardo.
Sul balcone ti aspetto. Chissà se è vero quel messaggio. Penso.
Quando si è adolescenti tutto è così forte e vero.
E anche la salvezza, è possibile.
Ci si crede ancora, a salvarsi con l’Amore.
Avevo occhi grandi e dolori incompresi.
Una maglietta a fiori che si apriva sulla schiena, si legava con due lacci bianchi.
Arrivai in quel parcheggio, sotto le stelle di lampioni.
Tu avevi una maglietta rossa. Una chiave sul collo non mi ricordo di cosa.
Avevi preso la pioggia.
Il cielo, ora, si era calmato. La luna era chiara e pronta a correre, spinta dalla nostra gioia e paura. Dalle nostre anime lacerate che cercavano delicatezza e riparo.
Avevi le mani lunghe lunghe, le braccia lunghe e sottili. Le gambe lunghe e sottili. Accovacciato su quel gradino, due metri di uomo. Sembravi un bambino.
Ma eri grande, lì.
Credevi ancora che l’amore ci avrebbe salvati.

La tua maglietta rossa, una bicicletta rotta.
I lampioni di stelle della periferia.

La mia maglietta nel tempo, dietro, proprio sulla schiena, si è sgualcita.  Quei due lacci a chiuderla, si sono rotti e divisi. Ogni estate la tiro fuori e la tengo lì. Non la metto più. La tengo rotta così, i fiori rotti, la schiena nuda.

L’amore è solo salvezza.

Col tempo, ci dimentichiamo di questo mistero. Di questo miracolo.

 

Ciò che mi sembrava amaro,

mi fu cambiato in dolcezza d’anima e di corpo.
 

Anna come sono tante Anna permalosa
Anna bello sguardo
sguardo che ogni giorno
perde qualcosa

se chiude gli occhi lei lo sa
stella di periferia.
Anna con le amiche
Anna che vorrebbe andar via.

Marco grosse scarpe e poca carne
Marco cuore in allarme

con sua madre una sorella
poca vita sempre quella
se chiude gli occhi lui lo sa
lupo di periferia
Marco col branco
Marco che vorrebbe andar via.

E la luna è una palla
ed il cielo è un biliardo
quante stelle nei flippers
sono più di un miliardo
Marco dentro a un bar
non sa cosa farà
poi c’è qualcuno che trova una moto
si può andare in città.

Anna bello sguardo non perde un ballo
Marco che a ballare sembra un cavallo
in un locale che è uno schifo
poca gente che li guarda
c’è una checca che fa il tifo
ma dimmi tu dove sarà
dov’è la strada per le stelle
mentre ballano
si guardano e si scambiano la pelle

e cominciano a volare
con tre salti sono fuori dal locale

con un aria da commedia americana
sta finendo anche questa settimana
ma l’America è lontana
dall’altra parte della luna
che li guarda e anche se ride
a vederla mette quasi paura.

E la luna in un silenzio
ora si avvicina
con un mucchio di stelle
cade per strada
luna che cammina
luna di città
poi passa un cane che sente qualcosa
li guarda abbaia e se ne va.

Anna avrebbe voluto morire
Marco voleva andarsene lontano
qualcuno li ha visti tornare
tenendosi per mano.

 

Ispirato a un dialogo immaginario tra San Francesco D’Assisi (Assisi, 1181 o 1182 – Assisi, 3 ottobre 1226) e Lucio Dalla (Bologna, 4 marzo 1943 – Montreux, 1º marzo 2012, Anna e Marco, 1986) .

 

 

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

 

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