“Di quel che udire e che parlar vi piace,

noi udiremo e parleremo a voi,

mentre che ’l vento, come fa, ci tace.”

 Dante Alighieri, V Canto dell’Inferno, Divina Commedia

Una nuvola può trasformarsi in un tornado.
Può arricciarsi, quasi all’infinito. Può essere fiamma.
Può diventare donna, e uomo. Vento e piuma. Torre e destinazione.
Silenzio.
Spinge verso l’alto, la nuvola, fino alle stelle.

GAM (Galleria d’Arte Moderna, Milano). Qualche anno fa,  durante la mostra Verdi e le Arti figurativeTra gli abiti di Violetta, Rigoletto, Otello, Aida. Tra quegli abiti meravigliosi che raccontano la storia dell’Opera Italiana, osservo il lungo vestito rosso di fronte a me. Rosso. Lo creò Gabriella Pescucci per Tiziana Fabbricini. La  Traviata del 1990, diretta da Riccardo Muti. L’abito è semplice, dritto. Del tulle. Rosso anche esso. Pieghe, pieghe di panneggio. La gonna cade dritta. Una collana. Un corpetto. Quel rosso mi afferra. Il rosso simbolo per eccellenza della passione e del melodramma. Dello sconvolgimento e dell’amore.

E a fianco, ecco una scultura, che scultura non è. Ma è aria, vento. Freccia verso il mio volto. Scagliata da chissà dove. Un braccio verso di me, di marmo bianco.

Mi avvicino. Due giovanissimi innamorati: lei aggrappata a lui, spinti entrambi da una forza invisibile. Fiamma al vento. Lei, sdraiata, con il volto verso di lui, lo osserva, innamorata e dolorante. Lui, con il gomito sinistro segna un punto, all’orizzonte, con il braccio destro sembra allontanare qualcosa. O qualcuno. I loro capelli di rubino. E i loro piedi, accovacciati su quella nuvola, si riuniscono in lei. Nuvola come vento, accoglie il loro essere.

Osservo la coppia di lato. Qui, avviene la trasformazione.

Sono vento, fuoco e aria. Terra bianca. Anime dannate che volano, trasportate dalla loro stessa passione, dal loro fiato di vita. Il marmo diventa luce, si dipana nella stanza. Marmo di vento. I capelli di lei, il braccio di lei aggrappato a lui. Paolo e Francesca, uniti.

Di fronte a quell’abito, girando intorno a quella scultura, il dramma di un amore si compie, ancora e ancora. Amori dannati, colpiti, giudicati, scalfiti. Nel marmo e negli acuti. Tra lo spartito e nelle pieghe di quei capelli. Alfredo e Violetta come Paolo e Francesca. Trascinati, loro, da quel peccato d’amore. Lei sempre trattenuta a lui. Sua salvezza. Ma lui piange. Vero?

Francesco non parla, piange. Come Alfredo, che ne La Traviata non capisce mai davvero l’animo di Violetta. Amori rubati straziati non capiti. Trascinati da quel turbine. Rosso.

Una nuvola può trasformarsi in un tornado.
Può arricciarsi, quasi all’infinito.
Può diventare donna, e uomo. Vento e piuma. Torre e destinazione.
Il dolce pianto di un uomo.
E capelli di rubino.
Silenzio.
Spinge verso l’alto, la nuvola, fino alle stelle.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com  

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