L’arte è un continuo scrigno di storie non dette. E neanche immaginate.

Nella raccolta di saggi realizzata da Linda Nochlin, professoressa a New York, storica dell’arte femminista, ho scoperto una storia profondissima su di un grande pittore dell’Ottocento francese: Théodore Géricault.  

Théodore Géricault (Rouen, 26 settembre 1791 – Parigi, 26 gennaio 1824) ha rappresentato pochissimo, nei suoi dipinti, la figura femminile. Spesso ha ritratto solo donne al margine della società: paralitiche, bambine, matte. E donne di colore. Una presenza così rara quella della donna nelle sue tele da aprire un dibattito critico durato anni. Linda Nochlin afferma che al contrario di quanto si possa pensare, Géricault abbia voluto proteggere le donne dalla rappresentazione della sua epoca. Non ritraendole, il pittore ha voluto andar contro a quei corpi voluttuosi e sempre erotici rappresentati dai suoi colleghi del tempo come Ingres, David o Délacroix.

È una tesi molto interessante. Ma la storia di un’opera in pARTicolare mi è rimasta impressa. Una storia che esprime proprio questa sua capacità di andare contro corrente nella rappresentazione femminile.

Nel 1822-23 Géricault realizza un Ritratto di donna nera.

Un volto bellissimo, ripreso in primo piano. Due occhi enormi, sfuggenti, pensierosi, quasi bramosi di qualcosa. Non sensuali. Ma occhi alla ricerca di una risposta, alla rincorsa di un pensiero. Occhi che osservano un punto al di fuori della visione dello spettatore, fuori dalla cornice. Una testa raccolta in un grande manto rosso. Labbra ricche e morbide. Semiaperte, quasi a prender fiato. Un volto di attesa. Un volto che racconta apprensione, curiosità, discrezione.

Cosa ha questo ritratto di così sconvolgente?

Le donne di colore, all’epoca, erano ritratte dai colleghi di  Théodore Géricault sempre come oggetto sensuale, esotico come erotico. Un corpo in primo piano, il seno scoperto, il rimando esplicito al desiderio carnale. Le donne africane e orientali rappresentavano il sogno sensuale dell’epoca, e i pittori erano come “giustificati” a ritrarre nude donne esotiche, perché queste donne erano viste ancora più delle donne occidentali, come oggetto sessuale e di oggetto di “sfruttamento”. 

Anche una artista donna dell’epoca, Marie Guillemine Benoist, realizza un Ritratto di donna nera (1800). Molto diverso, nonostante donna, da quello di Géricault. La donna guarda lo spettatore, con uno sguardo più concreto e diretto. La ripresa non è solo del volto, ma del busto intero, nudo. La posa è sicura e impostata, l’atteggiamento rimanda a quella Olympia sfrontata che sarà realizzata da Manet nel 1863, con una sfumatura, però, più triste e incosciente.

La donna di Géricault è nera. Ma non è un corpo solo da desiderare. È “solo” un volto. Un volto che sembra raccontare mille sentimenti tutti insieme. Uno studio di emozioni profondissimo, di un pittore molto sensibile all’umanità e alla descrizione dei sentimenti più segreti dell’essere umano.

Una storia bellissima, di rispetto verso la donna. Di protezione verso una donna straniera, in un’epoca in cui le donne nere venivano sfruttate e desiderate solo per il loro corpo.

Uno sguardo maschile delicato e presente.

Questo fu, Théodore Géricault.

Per Approfondimenti: L. Nochlin, Representing Women, Thames and Hudson, 1999

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

 

 

 

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