Ero a New York. Mi ricordo che scrivevo molto la mattina, durante la colazione, osservando la città dallo Starbucks sotto l’albergo dove alloggiavo, il Pennsylvania Hotel. Il mio enorme cappuccino al caramello, il vetro verso la strada, la mia fetta burrosa di torta variegata al cioccolato, il mio piccolo notebook bianco.

MOMA. Le Demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso (1907) 

P. Picasso, Les Demoiselles d'Avignon, 1907, MOMA New York.

P. Picasso, Les Demoiselles d’Avignon, 1907, MOMA New York 

Non l’avevo mai amato io tanto, Picasso. Prima di quell’istante. Osserviamo. Cinque donne, prostitute, ritratte dal maestro del Cubismo. Picasso svelò la nuova arte attraverso quest’opera del 1907, proprio come ognuna di queste donne si svela allo spettatore.

La prima a sinistra. Tiene aperto il sipario. Come se presentasse le sue sorelle. Il suo corpo è teso e forte come in una marcia militare. Lei ha il ruolo di “vendere” la bellezza. Testa alta. Orgogliosa.

La seconda donna a sinistra. Il braccio destro alzato, sensuale, dietro la nuca. Con la mano sinistra si scopre la gamba, trattenendo desiderosa il panneggio bianco.

La donna centrale. Con il suo chignon sembra la più raffinata. Una Venere moderna che risorge dalle acque dell’antica arte, ormai morta.

La parte a destra è sconvolgente. Appaiono maschere africane, sfregiate da colori scuri. Una donna apre il sipario a se stessa. Arriva da un oltre, da un chissà dove, sbircia cosa avviene aldiquà della tela. Osserva la reazione di noi spettatori, accattivante. L’ultima donna ci dà le spalle. Anche lei non riesce a non guardare lo spettatore di fronte. Osservare lo sguardo desideroso di chi ti guarda è una tentazione impossibile da trattenere.  Il suo volto si storce, la sua maschera a mezzaluna ci osserva.

E. Manet, La colazione sull’erba, 1862 – 1863.

E. Manet, La colazione sull’erba, 1862 – 1863 

Quella mezzaluna che ritroviamo nel cesto di frutta.  “La fetta di melone che fende l’aria come una falce”. Quella natura morta mi ricorda la stessa natura morta di Manet nella Dejeuner sur l’herbe (1862- 63). Nuova arte, ma sempre intrisa di rimandi iconografici, di forme, posizioni che s’inseguono. È un quadro che ti assorbe in una realtà altra. Picasso con il cubismo, si dice, distrugge la prospettiva tradizionale. Ma, a mio parere, ne crea un’altra ugualmente inglobante. Il gioco del sipario, delle teste storte, delle braccia, dei movimenti verso lo spettatore. Degli sguardi attenti e severi. La prospettiva qui è creata dal sipario, e dagli sguardi. Gioco della vita. Teatro di realtà e illusioni. Forse tutto è un’illusione.

Quelle strade, erano realtà, nessuna illusione. Strade vissute a testa in su. Con il cappuccino tra le mani, la voglia di conoscere, il desiderio di scoprire. La curiosità di parlare con sconosciuti.

«Che sorriso bellezza! Continua a sorridere così, altrimenti fai spegnere il sole!»

Così mi disse un  ragazzo afro-americano per strada, mentre vendeva i giornali.

Come può non essere reale, come si fa a non amare, una città cosi?

Scritto per  per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

 

 

 

 

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