Un trono naturale. Nessuna angolazione, nessuna gerarchia tra gli astanti.

Non ci sono santi. Non ci sono magi.

Di fronte, solo lei. La Rivelazione.

Ogni volta che mi avvicino, metaforicamente o fisicamente, a un’opera di Leonardo da Vinci, sento sempre forti sensazioni di timidezza e venerazione. Non  date, però, dalla sua “fama”. Bensì dalla sua visione del mondo.

Leonardo non aveva un buon rapporto con Michelangelo, ma ciò che il Buonarroti realizzò nella scultura, il Da Vinci lo realizzò nella natura della pittura. Un non-finito che svela l’umanità. Le sfumature dell’emotività. E non è solo pittura quella di Leonardo. È puro pensiero, movimento, divenire. È concentrazione di intenti. È verità che esplode in ogni volto e gesto. È umanità. Nulla di statico o strutturato, non vi è un’iconografia seguita né regola imposta. Vi è davvero il genio dell’inventiva, della creazione e del cambiamento continuo, del mare delle reazioni e della varietà umana. Della sorpresa. L’opera stessa sua è sempre un’Epifania.

Nel dipinto olio su tavola, non terminato, che si trova al Museo degli Uffizi, L’Adorazione dei Magi (1481-82), tutto questo è presente come un tornado di realizzazione tangibile. Quello che si vedrà nella sua Ultima Cena (1494-98), qui è già tutto avvenuto. Leonardo in un dipinto riesce a creare questa sensazione: quando gettiamo un sasso nel lago e vi sono quei cerchi intorno. Ecco. Quando un quadro cade. E tutti saltano. Si spaventano. Tremano.

Quando un uomo rivela un futuro doloroso e scomodo. “Uno di voi mi tradirà”.

Quando un bambino, attraverso un gesto, rivela la sua santità.

L’unico artista che lo equiparerà sarà Il Caravaggio. Nella sua Cena in Emmaus (1606), nella povertà e semplicità di una trattoria, in un attimo di riposo degli uomini, sempre con un gesto benedicente Il Cristo si rivela, nella sua Resurrezione. E intorno a lui, gesti: una preghiera a mani aperte, uno sguardo incredulo e attento, una donna pensosa come rassegnata, un uomo che dall’emozione si attacca con entrambe le mani e le braccia al tavolo. La Rivelazione, nel riposo.

Caravaggio, come Leonardo. fotografi umani di sentimenti.

Qui, ne L’Adorazione dei magi, Gesù, con un piccolo gesto di benedizione rivela la sua santità. Sempre,  quel gesto di benedizione. In fondo, un mondo che crolla, in nome del nuovo mondo della Cristianità. Perfettamente dietro a Maria e Gesù, la forma e la scena dei due protagonisti si ripete. Un giovane china la testa verso un albero, alloro, simbolo di Redenzione. Una palma, dietro, simbolo di Resurrezione.
In lontananza un paesaggio, non finito. Una guerra. Cavalli. Distruzione.  Tutto sparirà, dopo questa Rivelazione. Rivelazione compresa dagli uomini. Siamo noi in ognuno di quei volti, di quelle reazioni a vivere l’Epifania, a osservare quella mano benedicente. A riposarci all’ombra di  quell’albero della salvezza. A sinistra, un pensatore. Silenzioso, imponente. A destra, un giovane guarda fuori e invita qualcuno (noi) al di fuori del quadro ad avvicinarsi, a vivere quella scoperta. Una cornice di due uomini.

Perché è l’uomo, qui, il centro. Il figlio dell’uomo, ma non solo. Anche l’Uomo, l’umanità intera con la sua possibilità di redenzione, fra le mani. Con gli occhi pieni di aspettative. Con gli occhi gravidi di amore e coscienza. Di costruzione.

Ecco, questa è la Rivelazione.

Negli occhi, nelle mani, nell’incredulità, nella sorpresa. Nel Desiderio.

Nel riposo degli uomini.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

 

 

 

 

Comments (1)

  1. Bello! Complimenti.giuliana vicentini

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