Alla Pinacoteca di Brera sarà esposto fino al 5 Febbraio 2017 Il Terzo Dialogo organizzato dal Museo. Dopo il primo tra Perugino e Raffaello (di cui avevo parlato in un mio pARTicolare) e il secondo attorno al Cristo Morto del Mantegna, questo ultimo dialogo si concentra attorno al più raccontato, narrato e controverso pittore di ogni secolo: Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Non voglio addentrarmi in tutte le questioni riguardo a questo evento, aperto al pubblico il 10 Novembre 2016 e la cui organizzazione ha portato addirittura all’autolicenziamento di Giovanni Agosti dalla soprintendenza di Brera, ma in punta di piedi vorrei raccontare l’unica opera del Caravaggio in questo Dialogo: La Cena in Emmaus, realizzata nel 1606.
Mercoledì 4 Gennaio ho guidato un gruppo dell’Università della Terza Età alla Pinacoteca di Brera, e davanti a questo capolavoro ho lasciato parole, respiri, lacrime e intenti incompresi, o forse troppo compresi.

Partiamo subito dall’opera.

Per prima cosa, bisogna sottolineare che Caravaggio non è un pittore laico o addirittura, come è stato talvolta giudicato, eretico. Caravaggio è un uomo e pittore profondamente legato all’arte della Controriforma. Sicuramente ha rappresentato la religiosità, la spiritualità e la penitenza e passione umana con uno stile nuovo, differente, realistico, vero e grondante di dolore. Ma non è mai stato un pittore lontano dalla credenza cristiana.
La scena qui raccontata, infatti, è quella della Transustanziazione, ovvero Cristo che si fa corpo durante la Comunione. I cattolici credono profondamente che durante la Comunione si mangi con l’Ostia il Corpo di Cristo, tramite il gesto e la preghiera del Sacerdote. Tema sottolineato e riproposto profondamente durante la Controriforma e dopo il Concilio Tridentino. L’idea di Cristo fatto uomo e del mediatore sono fondamentali e si distaccano dal pensiero della Riforma di Lutero che non credeva nel ruolo della Chiesa come tramite per Dio.

Caravaggio, La Cena in Emmaus, 1606, Pinacoteca di Brera, Milano.

In questo momento, Cristo si sta RIVELANDO nell’attimo della benedizione del pane.  Come aveva fatto Leonardo Da Vinci nella sua Adorazione dei Magi (1481 – 1482, vedi Il pARTicolare: Caravaggio a Brera: la Rivelazione, il Gesto, il Riposo) e più tardi nel suo Cenacolo (1495 – 1498), Caravaggio qui descrive cosa accade subito dopo un attimo, un gesto preciso. Ma Caravaggio elimina tutti gli elementi accessori presenti nelle opere realizzate prima di lui. Non vi è paesaggio, non vi è costruzione scenica, non vi sono personaggi. Troviamo solo un tavolo. Il pane. Una tovaglia. Le posate.  E quattro persone, oltre al Cristo. In fondo, il nulla. Il nero che attanaglia. Ma quelle persone hanno un ruolo differente.

C’è differenza tra innamorarsi la prima volta e innamorarsi quando ci si è già innamorati.
Mi spiego meglio.

I due apostoli di fronte a noi, ritratti tra l’altro di scorcio, quasi di spalle, in una reazione fisica prepotente e vivissima di stupore e emozione, ecco loro stanno RICONOSCENDO il loro Signore. Ma ciò che è più interessante, dal mio punto di vista, sono i due personaggi in piedi: l’oste e la signora. Ecco. Nei loro occhi c’è lo sguardo di chi si innamora per la prima volta. Lo sguardo di chi CONOSCE e non di chi RICONOSCE. Lo sguardo dubbioso, sorpreso, tentennante ma allo stesso tempo desideroso. Lo sguardo di chi sente per la prima volta quelle emozioni e non sa né gestirle né capire che cosa vogliano dire davvero.


 

Il riconoscere, e il conoscere. Qui è la differenza nei quattro personaggi rappresentati.
Ma il pARTicolare è un altro. E lo si scopre viaggiando da un lato all’altro del dipinto. I volti degli uomini che stanno conoscendo il Signore, per la prima volta, sono del tutto illuminati. O volti dei due apostoli che stanno riconoscendo il Signore sono non visibili totalmente poiché presi di spalle, ma la luce comunque li illumina direttamente.

Il volto di Cristo, invece, metà è nell’ombra, metà è ritratto alla luce. Perché?
Perché il Cristo si sta rivelando proprio in questo istante. Il dubbio intorno a lui, le domande, le questioni, le incertezze, sono specchiate in questa ombra sul volto del Figlio di Dio.
Caravaggio, pittore fotografo e direi pittore già regista, qui ha ritratto il tempo.
Tra un secondo il volto del Cristo sarà completamente illuminato, le nuvole si saranno mosse. E la sua divinità diventerà concreta e reale. Ma a Caravaggio interessa il momento immediatamente prima. Quando il dubbio, emozione insita nell’essere umano, pervade la scena.
I due apostoli in questo istante stanno riconoscendo il Signore. Si stanno innamorando un’altra volta. E sentono quelle emozioni e le riconoscono. Riconoscono l’Amore.
I due osti in questo istante stanno conoscendo il Signore. Lo conoscono, per la prima volta. Il dubbio, l’incertezza in questo momento, regnano sovrani. E Caravaggio ha ritratto questi sentimenti sul volto di Cristo. Volto che è specchio di Dio, ma soprattutto specchio delle emozioni degli uomini.

Siamo nel 1606. Questo dipinto è stato realizzato quattro mesi dopo il 28 Maggio del 1606, data in cui Michelangelo Merisi detto il Caravaggio uccide per sbaglio durante una rissa un uomo.
Questo dipinto è talmente importante che forse neanche ce ne accorgiamo.
Nel 1601- 1602 Caravaggio aveva dipinto la stessa scena. 

La prima versione della Cena in Emmaus oggi si trova alla National Gallery di Londra: più luminosa, più lucente, più decisa nei colori, più definita nelle forme e nei gesti. Più colori, più dettagli, meravigliose nature morte. E il volto di Cristo totalmente illuminato.

Qui, invece, ci troviamo di fronte al desiderio stesso del Caravaggio. Quello di scoprire il volto di Dio. E di trovarlo. Nonostante il suo dolore, nonostante la sua paura.
Nonostante il suo peccato.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

 

 

 

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