Tutte le storie di Dior cominciano dal 12 febbraio 1947 quando, con una sola sfilata, cambiò la moda femminile dell’Occidente.

Inizia così il racconto di Enrica Morini dedicato a Christian Dior (Granville, 21 gennaio 1905 – Montecatini Terme, 24 ottobre 1957), nel suo libro Storia della Moda. E continua più avanti affermando:

Dior offrì l’immagine di una donna fiore, fragile, tanto raffinata quanto priva di ironia e di fremiti femministi. Una donna che prendeva sul serio la moda, la seguiva, era capace di apprezzare la bellezza di un ricamo o di un cappello, imparava a scegliere e ad avere gusto e non si occupava di cose che non la riguardavano, come la bomba, i problemi dei giovani, la politica. Una donna […] che corrispondeva anche ai desideri di un immaginario maschile che cercava rassicurazioni nel contemplare la bellezza femminile e che pensava di risolvere i conflitti di genere accontentando la vanità delle donne.

Ed è vero. Le fotografie delle donne di Dior, in quegli anni (come nell’immagine di copertina),  sono ricche di merletti, di gonne ampie, di principesse inconsapevoli. Ma non tutte. La  modernità,  in qualche modo, si esprime sempre. In quegli anni il futuro spingeva, c’era, era vivo e palpabile. Il desiderio di cambiamento  era presente anche in un artista come Dior. In piccoli dettagli, in particolari che mi piace incontrare.
In una foto, ad esempio. 

 

C. Coffin, C. Dior, Modello “Cocotte”, collezione autunno -inverno 1948-1949. Fonte: E. Morini, Storia della Moda, 2010, p. 374.

C. Coffin, C. Dior, Modello “Cocotte”, collezione autunno – inverno 1948 – 1949, Fonte: E. Morini, Storia della Moda, 2010, p. 374  

Un’opera del fotografo di moda Clifford Coffin (1913- 1972), che firmò molti scatti per Vogue e per il New Look di Christian Dior. Quello che mi ha colpito in particolare è per la collezione autunno inverno 1948-49. Una donna è ritratta sulla sinistra, di spalle. La piazza è parigina, lo si comprende dai caratteristici lampioni della Ville Lumière. Il mondo, quasi deserto, sembra popolato solo da pochi uomini. Un uomo sulla sinistra passeggia con la sua ventiquattrore. Probabilmente sta tornando dal lavoro, o sta andando. Indossa un elegante soprabito. Sembra pensieroso e assorto. Un altro uomo di fronte a noi, spazza la strada: un cappellino, un abito nero. In fondo, si intravvedono uomini in nero, che sembrano correre, scappare da qualcosa o qualcuno. O forse dalla pioggia, dal vento che sta arrivando a sconvolgere la quiete apparente di una piazza quasi deserta.

In primo piano lei. Lei che non sembra affatto quella donna precedentemente descritta. Non sembra una principessa, né una donna insicura e dipendente da un uomo. La protagonista  si leva in una figura eretta, decisa. I tacchi ben piantati a terra.

Anche se la vediamo di schiena, siamo sicuri che la nostra protagonista non sta ridendo.
Ci pensate?
Sentiamo perfettamente che non sta ridendo.

La sentiamo seria, profonda, concreta. Decisa. Viva e cosciente. Quell’ombrello piantato sull’asfalto la ferma a terra. Forse l’unica donna tra quegli uomini che non deve scappare dalla pioggia perché è equipaggiata, è preparata, lei. Non ha paura, non crede di dover scappare o fuggire. Da niente e nessuno. Lei è organizzata. La sua gonna a modello cocotte sembra far risaltare ancora di più la schiena fiera ed eretta, il collo e il capo attento verso l’orizzonte. E quel guanto bianco, che sembra ancora di più indicare la terra. La serietà. La concretezza. Tutto si muove. Anche la sua gonna, il cui spostamento viene ripreso a chiasmo dalla tenda in alto a incorniciare la scena.
Lei è un punto fermo. Perno della piazza e del mondo intorno.

Una donna già moderna, che forse non sa ancora di esserlo.

Per Approfondimenti: E. Morini, Storia della Moda, XVIII – XXI secolo, ed. Skira, 2010 

 

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

 

 

 

 

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