Cosa è la bellezza.

Un abito in nero. Un caldo afoso e colonne di templi antichi.

Il mare all’orizzonte.

L’essenzialità di linee. 

E la donna. Due donne.

Opposte e contrarie. Vicine. Nel desiderio antico di un uomo. 

Ferdinando Scianna  (Bagheria, 1943) non credo fotografi semplicemente. I suoi scatti sono opere d’arte altissime e lontane. Portano alla riflessione. Non vi è solo potere dello sguardo, ma descrizione di un sapore, di una cultura, di una profonda verità ai più nascosta. Unisce le linee e le forme come un disegnatore, estrae la materia come uno scultore. Osserva, però, ancora come un eterno bambino il mondo. Soprattutto, la  sua Sicilia. Con occhi reali e sorpresi. E sinceri.  Nelle sue opere, nei suoi ritratti, la sacralità di Antonello da Messina si scontra e si incontra con un nuovo mondo moderno. E lo sguardo, antico, di un uomo.

Ferdinando Scianna fotografa con “fulminea organizzazione della realtà” (L. Sciascia) due donne. Siamo nella collezione primavera estate 1987, e il servizio fotografico è realizzato per Dolce e Gabbana.

Una donna, a sinistra, cammina, noncurante dell’altra. Guarda alla sua destra. Forse sta attraversando la strada. Le sue caviglie chiuse e gessate da calzettoni neri. Un tailleur nero. Sotto, si intravede una semplice sottoveste, più lunga, ancora più lunga della lunga gonna. Due sottilissimi polpacci. Un ginocchio teso e sensualissimo. Le mani in movimento e lo sguardo attento. Occhi chiari in una strada bianca di sole. Bagnata dal vento  caldo e fermo, siciliano. Una strada in salita. E quella salita, lei, sta guardando. 

Un muro quadrato al centro. Su di esso, appoggiata una vecchia cornice, pARTicolare e ricordo di arte pittorica. Un piccolo simbolo lasciato lì, non per caso, dal fotografo. Un richiamo all’arte di ogni tempo. Alla pittura antica. Ad una cornice che è sparita. Perché la fotografia non è capace di ritrarre solo il mondo nel riquadro. La fotografia va oltre. E la fotografia è solo un indizio su ciò che sta avvenendo aldilà del nostro sguardo. Fuori, dalla cornice.

A destra, una suora. Con il suo Vangelo in mano, cammina verso la discesa. Una larga pancia. Un incedere deciso. Un profilo e un velo che ricordano le Madonne siciliane di Antonello da Messina. In bianco e nero. Lei. Come lo sfondo. Un muro di pietra diviso tra due colori.

Due perché sono gli ideali maschili della donna. Quella donna che deve incarnare la bellezza estrema, la sensualità appena velata, e il rispetto verso l’uomo. La chiusura. Il velo che copre una timida nudità. Un sogno, quello maschile, tra donna amante e donna santa. Tra donna pronta alla salita, e donna ormai decisa solo nella sua discesa.

Tutto, al di fuori di questa cornice. 

L’uomo. Non c’è. 

Solo nello sguardo.

Il caldo congela un istante.

Un tempio.

Santità e desiderio, gioventù e antichità di valori di pietra.  

Tutto qui, in calda terra siciliana.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

 

 

 

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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