Le mani. Le mani si irrigidiscono. Strazianti si accartocciano sul petto.

Eros e Tanathos.

Non vi è sesso senza morte, piacere senza dolore.

Giove si sta impossessando di lei, con la sua pioggia d’oro.

I capelli rossi la cingono, la pelle bianca. I seni gonfi e le gambe morbide.

Le labbra rosse riprendono lo stesso colore dei capelli. I piedi sono accarezzati da un velo viola.

Lei, sdraiata su un tappeto d’oro.

L’oro vi è sempre a cingere le donne di Gustav Klimt (1862- 1918). Nelle sue Giuditta, nel suo Bacio, nel Fregio di Beethoven. Nelle sue Età. Le donne di Klimt sono accarezzate dall’oro. E le loro mani stringono sempre il dolore e l’inquietudine. Donna femme fatale, distrutta dallo spasimo e dalla consapevolezza. Le donne di Klimt attaccano l’uomo. Lo seducono. E il sapore dell’uomo per loro diventa estasi e morte. Pensiamo alla Giuditta con la testa di Oloferne (1901), a quello sguardo orgoglioso, quel suo pronto inchino e quella testa di Oloferne mozzata e allontanata dallo sguardo dello spettatore. Pensiamo alla Giuditta (1909): quelle dita strette, lunghe, doloranti trattengono in mano i capelli di un Oloferne nascosto dal manto di lei. Lei, piegata, assente. Uno sguardo trasparente a guardare davanti a sé. Le donne di Klimt sono il simbolo della forza, della bellezza. Della potenza. Ma anche del dolore, della morte e della follia. Non vi è estasi piacevole.  Non vi è gioia dell’amore.Neanche un Bacio (1907-08), può essere dolce. Lei, trattenuta e soffocata dalle mani di lui. Inginocchiati, i due amanti, al di fuori del mondo.  Una donna che anche se dominante, al fianco del suo uomo  crolla e subisce il suo potere.

Occhi chiusi. Pelle bianca. Labbra rosse.

E quelle dita. Doloranti, strette, accartocciate.

Lei è inginocchiata. Soccombe al potere di lui. Una donna contrastata ma sicuramente nuova.

La donna di Klimt è un viaggio lei stessa, un  percorso nella meraviglia dell’oro e nella nuova iconografia femminile, che non avrà mai un tratto sereno e realmente libero. Ma la bellezza è la protagonista. La condivisione del piacere. La presa di coscienza del suo essere. La forza della condivisione e il totale abbandono alle emozioni. Qualsiasi esse siano.

La Danae sdraiata e dolorante partecipa senza vergogna all’amore.

Un piacere doloroso ma anche cosciente. Capelli rossi. Labbra rosse.

Il fuoco dell’Eros diventa espressione.

La divinità incontra l’umano, nella realtà della carne.

Nelle mille sfumature dei sensi.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com.

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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