Chissà cosa pensa un guerriero, prima di iniziare una battaglia.

Stringe il petto. Le mani grandi, pronte all’accoglienza e alla vittoria.

Lo sguardo fisso. Il corpo rigido.

E un abito. Lungo. Stretto sul petto.

Ma poi l’abito si allarga. In una gonna.

Un piccolo dettaglio di femminilità.

Paul Kaplan, giovanissimo stilista francese, e la sua creazione di abiti, mi hanno subito colpita.  Un mistero che ho voluto scoprire, in quelle foto che ritraggono la sua collezione di diploma di laurea.

Ma partiamo dall’inizio, o meglio, torniamo indietro, nella Storia dell’Arte.

Il David di Michelangelo è speciale e immortale per un motivo specifico: Michelangelo fu il primo ha ritrarre David prima di vincere su Golia. Pensiamo ai suoi predecessori, o ad altre raffigurazioni del David di quel periodo storico-artistico. Pensiamo al David di Donatello, o a quello del Verrocchio, ad esempio. Entrambi soddisfatti o pensierosi, dopo la vittoria.

Per Michelangelo non è la vittoria, il momento meritevole di attenzione. Per Michelangelo è interessante il prima. L’attesa. Il pensiero della vittoria. Il desiderio e la concentrazione. Il corpo e i muscoli tesi. Lo sguardo a guardare oltre. Forse, a sfidare negli occhi l’avversario. Il corpo è meraviglioso nei suoi tendini tesi. Nei suoi accenni di delirio. Le mani venose e eterne. Infinite.

Ho osservato con la stessa attenzione una fotografia  realizzata per la collezione del giovane stilista. Paul Kaplan è nato a Parigi, ha  23 anni, e ha vissuto ai piedi di Montmartre. Questo è quello che mi ha raccontato:

“Di Parigi ho sempre avuto paura, di un elemento in particolare: Il lutto, la guerra permanente che bisogna affrontare per farsi spazio, per essere accettati. La vita, – continua – è una guerra eterna, contro la società, contro il potere maggiore, e ancora di più a Parigi. E questa oppressione si traduce in codici da seguire. Questa  mia collezione si ispira alle divise della prima guerra mondiale e le ho scelte per la loro forma particolare. Le taglie sono molto ampie. Le trovo molto eleganti. Le ho poi unite ad alcuni codici un po’ desueti e ridicoli della Haute Couture degli anni Cinquanta.”

Questi codici, che lui, in un modo o nell’altro, cerca di distruggere. O, per meglio dire, superare.

In più Pual mi ha raccontato che è sempre stato attratto  dalla divisa come abito. E ha tenuto a dirmi che cerca di realizzare “un uomo non ambiguo, con le sue opere. Ma un uomo contemporaneo.” Questa frase, è stata per me il pARTicolare.

Osservando il modello della fotografia,  ho pensato che il più grande successo dell’uomo contemporaneo sarebbe quello di unire quella forza e saggezza, alla sensibilità femminile.

Quella gonna lunga, mi stupisce. Non ambiguità, ma contemporaneità. 

E il pensiero.

L’attesa, nell’ombra.

L’uomo  è teso. Assorto. Giovane David, pronto ad affrontare il suo mondo. Aldilà di quella porta. Il sole arriva dalla nostra sinistra. Quella apertura di luce così spesso presente nei ritratti pittorici e fotografici.

Come uno spazio altro, di sperimentazione. Di possibilità.

Lo sguardo del nostro guerriero è basso. Sta per attaccare Golia. Deve concentrarsi. Ma deve anche trovare dentro di sé quella dolcezza e sensibilità di cui un uomo, ora, ha bisogno. E che deve lottare per trovare. Per essere un uomo migliore.

Eccolo.

Il respiro prima di un salto, trattenuto in quell’abito.

Da battaglia a viso aperto.

Da ballo.

Battaglia e ballo. La stessa cosa.

Regole di passi lenti e studiati.

Del coraggio della sensibilità.

Scritto per MiFaccioDiCultura – Artspecialday.com

Fotografie di Boris Camaca

Per Approfondimenti: paulkaplanlacambre.tumblr.com

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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