“Mi domando perché mi sono lanciata in questo mestiere: perché vi figuro come rivoluzionaria? Non fu per creare quello che mi piaceva, ma proprio dapprima e anzitutto, per far passar di moda quello che non mi piaceva.”

Gabrielle Chanel è un’icona. Non ho mai capito bene il perché, ma studiandola molte cose ora mi sono più chiare. Mi sono sempre appassionata alla figura femminile, ed è straordinario scoprire che la liberazione fisica della donna è partita da una donna stessa.  

Gabrielle Bonheur Coco Chanel (Saumur, 19 agosto 1883 – Parigi, 10 gennaio 1971) ha liberato le donne da crinoline, tournure, corpetti. Ma non perché cosciente di ricercare una liberazione sessuale. Lo ha fatto per comodità. Per libertà. Per dimenticare quel tipo di donna e archetipo femminile che a lei stesso non piaceva.  Quella libertà che Paul Poiret, prima di lei, diceva di ricercare, ma lui in realtà lo faceva solo per seguire lo spirito del  tempo, per sperimentazione. Assolutamente non per liberare le donne dal loro ruolo immobile e muto. Chanel ci ha liberate. Le sono infinitamente grata. Ci ha rese sportive anche nella quotidianità. Ci ha rese idealmente libere anche da regole, imposizioni e compromessi. Ci ha permesso di respirare.

Ma la vera magia si compie in un attimo, quando Madeline Chapsal assiste a una seduta di prova di Chanel con una sua modella, nel 1960, e la descrive al lavoro.  Coco da sola, taglia. Sistema. Ricuce. Risistema. Ritaglia. Una ventina di volte.  E ricrea l’abito  e ogni volta ricomincia da capo, provando e riprovando, senza sosta, sulla modella lo stesso capo, fino a ottenere il risultato cercato.

L’abito era talmente individuale che se per caso la modella che lo aveva provato si fosse ammalata, il vestito non avrebbe potuto sfilare.

La parte della sua vita che più mi ha attratta sono proprio gli anni Sessanta. Dopo anni suoi di successi estremi, Chanel si ritrova in un’epoca e in un gusto generale molto lontano dal suo. Ma lei continua ad essere se stessa. In un epoca in cui la moda sta totalmente cambiando, negli anni del Dopoguerra in cui Dior appare sulla scena. Lei non si scompone. Non segue le richieste del tempo. Continua la sua attività creativa. Alla ricerca di semplicità, con il suo bianco e nero, con il suo beige.  Con i suoi gioielli di bigiotteria che ama tanto, o con i piccoli diamanti, simbolo di valore duraturo e anche di investimento. Con la sua boccetta essenziale di Chanel N° 5. Vetro puro, una sola etichetta. Chanel creò idee non per tutte le donne. Ma per UNA donna. Quando aveva una donna tra le mani, realizzava un miracolo di tessuto solo per lei.

In un monologo a bassa voce, lavorava Chanel.

Alzandosi, abbassandosi per sistemare gli orli delle gonne.

Dall’alto e dal basso, ha reso la donna libera.

Una trasformazione avvenuta in pochi anni.

Il corpetto che sparisce, e il respiro femminile, di nuovo libero.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com 

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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