Il 27 Luglio 1940 nasce a Solingen Pina Bausch. 

Il mio pARTicolare dedicato alla donna che cambiò il senso e il peso del corpo nella danza.

Ruth Amarante, ballerina, afferma:

Ho cercato per molto tempo una lingua che potesse parlare davvero. E poi ho visto un video de Le Sacre du Printemps, coreografata da Pina Bausch. E ho pensato… Santo cielo, questa è la lingua che per tanto tempo ho cercato. 

Pina Bausch, film di Anne Insel, 2006

Pina Bausch mi ha ispirata e incuriosita, dal primo momento in cui l’ho sentita nominare. Alejandro, ballerino, mi disse qualcosa di simile, anche lui, su Pina Bausch:

Vengo dalla Costa Rica. Ho visto un video di Pina Bausch. Pina Bausch è il motivo per cui io sono qui. In Germania. A studiare danza. 

Difficilmente dimentico, quando penso a lei, gli occhi di Alejandro, pieni di lacrime di gioia, spalancati come a raccogliere dentro di sé tutto l’amore provato, per la danza. Espressione di corpo e anima. Libertà di sensi, raccolti in una tecnica estrema, in movimenti violenti, in dolore e piacere, in quella danza-teatro creata da lei. Allora anche io, ignara di tutto questo, mi pongo di fronte a un suo capolavoro.

Caffè Muller, 1978.

Un uomo e una donna. Circondati da sedie sconnesse, disordinate, in questo Café, si avvicinano, lentamente. Lentamente si abbracciano. Prima i corpi si toccano. Le mani accarezzano le loro braccia. Un abbraccio che libera, in quel luogo buio. Un abbraccio che dà la vita, ai due innamorati.

Ad un tratto la musica svanisce.

Silenzio.

Un altro uomo, vestito di nero, impassibile, arriva. E modifica, parte del corpo per parte del corpo, la posizione dei due innamorati. Come lui desidera. Due corpi che diventano burattini. Inermi. Morti. L’uomo vestito di nero crea un bacio, finto, tra i due innamorati. Iconografia più rassicurante, tradizionale. Immagine riconosciuta nell’arte di ogni tempo. Contro quell’abbraccio naturale e sincero che i due innamorati avevano creato, solo per se stessi. Abbraccio di due realtà semplici, e paritarie.
Ma l’uomo vestito in nero, osa ancora di più. Iconografia ancora più rassicurante, antica, tradizionale, maschilista. Egli pone il corpo inerme della donna nelle braccia dell’uomo. Una Pietà. Uomo che salva la donna. Uomo che trasporta la donna. Uomo che ha il potere sulla donna. Ma LEI non ci sta. Crolla, da quelle braccia. E abbraccia di nuovo il suo uomo. Come lei desidera. Come Lei vuole. Parità. Amore. Bisogno. Coscienza. Verità. L’uomo vestito in nero imporrà il suo modo di vedere l’amore ancora. E ancora. Lei cadrà, ancora e ancora. E innumerevoli volte. Senti il tonfo di quel corpo, per terra.

E vedi lei che, decisa, si stringe al suo uomo. Anche lui inerme.  Pronto solo a riaccoglierla.

Ma la forza è in Lei.

Senza musica. Il ritmo diventa più veloce, incalzante.

Bacio finto-Pietà -Caduta- Abbraccio. Senza stacchi. Senza respiri.

Continueranno da soli, i due amanti, questa sequenza. Senza l’uomo che li costringe.

Ma infine, il loro abbraccio vince.

E Lei, dolorante, andrà via. Lei, ancora, decide.

Non solo amore, qui. Ma pensiero di società, imposizioni, mancanza di libertà, dolore.

Quelle imposizioni che divengono poi la gabbia degli uomini, che ripropongono, come automi, il volere degli altri.

Ma l’amore per la libertà vive su tutto. Attraverso il corpo, la danza, la bellezza, il sentimento.

Guarda Café Muller. Lì, vi è il volo, e la caduta. Il volo, e la caduta”. Mi disse, Alejandro. 

L’arte dona la libertà.

E il rispetto, e il coraggio, nell’espressione della coscienza più vera di se stessi.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com  

 

 

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

Lascia un commento...