Sento dal profondo un rispetto silenzioso. Per chi non c’è più, per chi è rimasto. Per chi ricorda quei giorni. Per chi ha visto andare via per sempre i suoi cari.

I distacchi. 

Sono terribili. Più della terra che trema. I distacchi sono le cicatrici che attestano un ricordo. Le perdite non si contano. Si tengono dentro come pietre preziose. Non si parla, non si esprime. Perché quando si spende anche solo una parola per quella persona che ci ha lasciato, si valutano mille variabili. Chi ci ascolta ne è degno? Sto raccontando una cosa giusta? Forse sbaglio? Sono patetico?

I ricordi.

Sento dal profondo un rispetto silenzioso per tutte quelle persone che hanno vissuto il 6 aprile 2009. E anche per quello che hanno vissuto dopo. Penso a cosa voglia dire per loro attesa,  dolore,  speranza.

La ricostruzione.

Dovevo scegliere un’immagine. Mi occupo d’arte io. Come poter scegliere un’immagine, qui?

L’ho trovata. È meravigliosamente evocativa. Io non direi quasi nulla.

È una scala. Distrutta. Pezzi qua e là di terra, marmo. Muri, travi.

Quella scala è fatica. Fa pensare alla fatica. Alla fatica della consapevolezza, del ricordo.

Della ricostruzione.

Ogni gradino è fiato accellerato. È cuore spezzato. Ogni gradino, verso l’alto.

Vorrei tanto che per ognuno di quegli eroi arrivi il momento di scendere quella scala. Non perché sia meno faticosa: la discesa non è mai una passeggiata. Ma perché alcune ferite si vedono di meno. E perché magari quella discesa vorrà dire dignità  di vita e aiuto da parte dello Stato.

Non voglio più vedere una città ancora distrutta, da ricostruire. Non voglio più pensare a corruzioni, a attese di lavori, a propagande.

Io voglio uno Stato che ci sia, quando la Natura impazzisce e ti toglie quello che hai.

Vorrei uno Stato che sia presente. Che ti prenda per mano, per superare UNO PER UNO quei gradini.

Vorrei uno Stato presente. Presente. Presente. Che divida con te la schiena piegata, il fiato corto, il cuore arrabbiato, la delusione della perdita.

Perché il dolore rimane. Le cicatrici tagliano l’anima. Il pudore di parlare è eterno.

Ma l’Italia deve esserci almeno per risolvere i problemi concreti.

L’anima ci pensa Dio, o chi per lui, a curarla. O forse, in realtà, l’anima dobbiamo curarcela da soli. Con la nostra tenerezza, l’attenzione, una delicatezza d’amore. Ad ogni gradino. Passo dopo passo.

Sento per voi un profondo rispetto. Un silenzio dentro che tuona. 

Grazie dell’esempio che ci date, ancora oggi, abitanti dell’Aquila.

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com

La foto inedita scelta è del fotografo Fulvio Sommaggio, che ringraziamo per la sua preziosa collaborazione

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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