– Oggi, ragazzi, è successo anche a me.

– Cosa, Fede?

– Oggi, ho pianto. Come una bambina. Pensavo mi guardassero ma per fortuna no.

– E cosa è successo per piangere Fede?

– Ho visto un dipinto di Paul Gauguin. E non me l’aspettavo.

Una volta che incontri un’emozione nuova, autentica, morbida, profumata, è difficile staccarsene. E’ un allontanamento cosciente. Giorno per giorno. Un allontanamento che ha il profumo della nostalgia. Della dolcezza. Della maturità.

Sono entrata all’Albertinum, qui a Dresda. Un museo bianco, asettico, distante. Per nulla accogliente.

Una sala enorme, scritte fosforescenti per introdurre le diverse sezioni. Scultura. Sala dei Mosaici. Galleria di pittura moderna. La Galleria è disabitata. Solo i guardia-sala e qualche signore. Attraverso il museo. Arte contemporanea, arte tedesca espressionista, paesaggi distanti di Caspar David Friedrich.

Arrivo nell’ultima sala. E il cuore salta in gola. Una sensazione che non provavo da molto.

Le Due donne di Tahiti (1892), di Paul Gauguin, di fronte a me. 

Pelle d’ebano, una donna sulla destra, le gambe incrociate, i capelli raccolti, un fiocco rosso sul capo. Guarda alla sua sinistra. Verso chissà dove. La sua mano destra sembra far forza verso la terra. Come se volesse provare ad alzarsi, in questo istante. Prendere le sue forze, alzarsi, ed andare. Verso quel punto lì in fondo.

“Ti raggiungo, giuro che ti raggiungo. Ora arrivo. E lo farò con le mie forze.”

Il suo vestito, blu e giallo, è un semplice telo. Caldo sul suo corpo. Raccolto sotto il fiocco rosso, sulla sua spalla sinistra, scura. A sinistra una donna. I capelli raccolti, un fiocco giallo sul capo.

La sua mano poggia a terra, contralto, chiasmo al corpo della Lei di destra, specchio definito. Il suo corpo è disteso, rilassato. Sta per sdraiarsi. Gli occhi semichiusi. Osservano un punto sulla terra. Labbra carnose, profilo sensuale. Una gonna rossa con fiori bianchi, una maglia azzurra e bianca, abbozzata nel colore. Una coda lunga, nera. Capelli lucenti. Lei non si muove. Rimane ferma. Pensierosa. Le due donne si incrociano, si specchiano. E la mano di Lei, a destra, che accarezza la gonna di Lei, a sinistra, svela il mistero.

Non vi sono due donne dipinte. Ma solo una. E’ una donna, Lei. Combattuta tra i suoi pensieri e il desiderio di andare. Lei, a destra è pronta. Il suo corpo sta elevandosi, le sue ginocchia stanno alzandosi, il suo sguardo promette una possibilità. Lei, a sinistra, immersa nei suoi pensieri, allontana l’idea del cambiamento.

Tutto, su un tappeto giallo, su uno sfondo verde, qualche foglia d’albero. Due frutti verdi, tondi. Il primo un po’ più in primo piano, come la Lei di destra. Il secondo più arretrato, come la Lei di sinistra. I due frutti riprendono le donne, LA donna.

E un fiore, lì, sotto quella mano, ad unire le due parti distanti di sé.

Il verde del paesaggio fuori dalla mia finestra. Il vento smuove le foglie.

La casa è calma, silenziosa.

Giovanni studia. Kata cucina. Stefan legge un libro. Sonia e Alejandro chiaccherano.

 Juan, con i suoi lineamenti caldi, dorme.

Io mangio qualcosa.

La musica suona, una canzone spagnola.

Sogno di posti lontani. Piccolo istante di pace.

“E’ la storia di un amore, che non ce ne sono uguali.

Che mi ha fatto capire, tutto il bene, tutto il male.” 

Historia de un amor

Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com

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