“Il museo del Louvre è chiuso il martedì per i visitatori». Spiegava Monsieur Michel, Capo del Dipartimento di Arti Grafiche «È aperto, però, a chi lavora qui.  Approfittatene. C’est magnifique!”

Me lo ricordo come fosse ieri. Durante la pausa pranzo, dopo aver mangiato velocemente il mio piatto di spaghetti scotti, scappai. Mostrai il mio badge da stagista. Entrai. Piegai a destra, zona Denon. Corridoio arte francese dell’Ottocento. Due rumori: i miei passi e il mio respiro. Qualche volta incrociavo un addetto alle pulizie, che si occupava del museo, come fosse un tempio.

Continuavo a camminare, osservata da quei dipinti immensi.

Mi fermai. Dovevo sedermi.

Ero di fronte a La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix. La tela fu realizzata dopo la caduta di Carlo X, per le giornate d’insurrezione popolare e di liberazione dal 27 al 29 luglio 1830. Le “tre gloriose giornate” di Parigi.

A un tratto, l’addetto alle pulizie si sedette al mio fianco e mi rivolse un cenno.

«Buongiorno. Conosce questo dipinto?» Connaissez- vous cet peinture?

Risposi con un minimo di orgoglio e di stizza «Certo. È Delacroix».

«No, intendo. Lo conosce davvero?». No, mais vous le connaissez… vraiment?

Lo guardai. Interdetta.

«Si. O forse no. Mi dica pure». Parlez-moi. Je suis curieuse.

«Parla della Libertà. La donna guida il popolo lontano dall’oppressione, dalla mancanza di possibilità. Lei salva la Francia. La salva proprio».

Lo guardai. Non disse altro. Mi incantai su quegli occhi appassionati, leggermente umidi di lacrime. Un uomo di mezza età innamorato di un dipinto. Con poche parole mi aveva sconfitta.

«Buona visione, mademoiselle. Buona giornata».

Lo guardai andar via. Non dissi altro. Osservai, così, il dipinto.

Una donna tra uomini, uomini che fanno la guerra. Distrutti, feriti, morti, deceduti, doloranti, tra macerie, disperati.Eppure uno di loro si alza. Vestito di blu, rosso e bianco, striscia verso quella donna che tiene in mano l’orgoglio della Nazione: una bandiera, i cui colori si riflettono nel cielo. Blu, rosso, bianco. Ancora. I colori della Nazione si riprendono. Si ripetono e si rincorrono.

Lui, ora, è ai suoi piedi.

La pausa è finita, devo ritornare in ufficio.

In lontananza sento il rumore di un aspirapolvere. E penso a quanto sia bello l’amore e l’orgoglio per la propria Nazione. Per la propria storia. Per la propria possibilità di essere liberi da oppressioni, da schiavitù dell’anima, da sfruttamento, dal dolore.

Grazie anche alla memoria.

Grazie all’arte.

E grazie a una donna, la Libertà, parola femminile, così coraggiosa.

 Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com

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