Ciociaria.
Una chiesa desolata e distrutta dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale.
Un canto sacro in sottofondo.
Cesira (Sofia Loren) si risveglia. Il suo corpo è rigido. Le gambe leggermente divaricate.
Si tocca il corpo e il viso… come ad assicurarsi che ci siano ancora.
Si guarda intorno. Il suo unico pensiero è trovare lei. Sua figlia. La vede, da lontano. E’ un corpo rigido.
Stessa posizione.
Cesira si avvicina. Lo sguardo di Rosetta è perso nel vuoto. Cesira accarezza le gambe della figlia. La asciuga con il suo fazzoletto. Lo odora. Le viene da piangere, ma si trattiene. La stringe tra le braccia, come una Pietà. La tiene sul suo ventre.

V. De Sica, La Ciociara, 1960


Dolcemente, accennando a un sorriso:

 – Te senti de anda’ via de quà?

– Si.

La ragazza si trascina. Si copre tirando verso il basso la sua magliettina bianca sgualcita. Segue come un’ombra la madre.
Cesira prende le valigie. Uscendo dalla chiesa continua a guardarla. A seguirla con lo sguardo.
Ogni passo riprende quello della figlia. Senza stacchi. Senza lontananza.

Ora sono all’aria aperta. Il sole è cocente. Quel viaggio a piedi verso Roma doveva essere la loro salvezza.
La guerra era finita. Potevano di nuovo sentirsi libere.
Un camion degli Alleati arriva. Cesira si blocca per strada, getta la valigie. Lo ferma.

– Voi sapete che c’hanno fatto quei turchi che comandate voi altri? Lo sapete che c’hanno avuto il coraggio de fa’?

– Pace, Pace! –  Risponde un anziano soldato, che non comprende la lingua.

– Si bella pace! Me l’avete rovinata per sempre! Ora è peggio che morta.

No, non sono matta! Non so’ matta! Guardate!

Il camion riparte, i soldati noncuranti. Cesira getta addosso loro una pietra:

– Ladri, cornuti, figli di mignotta!

Cesira crolla sulle sue gambe, incrociate. Rosetta, dietro di lei, nella stessa posizione, le fa da chiasmo.
Di spalle, riprende la posizione della madre.
Ho riguardato spesso questa scena, una delle più toccanti di tutto il cinema italiano.
La riguardo e la riguardo. Qualcosa non torna.
Osservo Sofia Loren . Madre. Osservo la giovanissima Eleonora Brown. Figlia.
Poi capisco. Il pARTicolare è proprio qui.
Per tutta la scena ci dimentichiamo che anche Cesira ha subito una violenza sessuale.
Non ce ne accorgiamo.
L’unica violenza per la madre è il dolore della figlia. Questo è la potenza più forte dell’amore materno.
L’istinto primordiale di sacrificio, di protezione, di coraggio. Donna Madre. Madre complice e indissolubile.
I loro gesti si ripetono. I loro corpi si specchiano. Le loro parole si rincorrono.
Rosetta rientra nel ventre della Madre, che la salva con semplici parole, struggenti come pietre.

V. De Sica, La Ciociara, 1960

– Ladri, cornuti, figli di mignotta!

Quell’urlo richiede giustizia.

L’urlo di una madre che rende quelle parole, comunque, le più dolci.
Sempre le più dolci.

Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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