Il 10 settembre del 2014  è stata inaugurata alla Tate Britain di Londra la mostra Late Turner. Painting set free. Un’esposizione dei lavori realizzati dall’artista romantico negli ultimi anni della sua attività, dal 1835 al 1851. A Cannes, Mike Leigh ha portato un film dedicato sempre all’ultimo periodo artistico del pittore romantico. Ora il film arriverà in Italia dal 29 Gennaio. Qui, il mio pARTicolare che racconta la luce e la follia degli ultimi anni di William Turner.

“Universe is chaotic, 

and you make it see it.”

Dal film “Mr. Turner”, di Mike Leigh (2014)

Gli ultimi anni della carriera di Turner, sono anni in cui egli esprime il suo essere più profondo, la sua immaginazione. Dipinti in cui il colore esplode, si sfalda. Dipinti in cui la pennellata si agita, diventa ancora più nervosa e intensa.

Ma soprattutto, anni in cui le sue opere sembrano immagini solo sfumate e confuse di paesaggi. Immagini invece sempre ricche di piccoli particolari.

Spesso William  Turner viene comparato a un altro artista immenso di questo periodo dell’arte romantica:  il tedesco Caspar David Friedrich. Il primo violento, immaginifico, visionario. Il secondo descrittivo, semplice nei tratti e nei silenzi.

Credo invece che ciò che unisca questi due pittori sia un elemento fortissimo: Il contrasto del piccolo con l’infinito. Il contrasto tra uomo, tra la costruzione umana e la grandezza indomabile nella Natura.

Come il tema venga trattato è sicuramente differente. La sacralità silenziosa di Friedrich si contrappone al fuoco che divampa in ogni opera dell’inglese  William Turner.

Eppure in ogni opera di Turner la natura è abitata dall’uomo. Dettagli, elementi piccolissimi avvolti da un paesaggio in fiamme di sentimenti. Barche che viaggiano nel mare in tempesta. Ponti sospesi e avvolti dall’aria. Figurine umane inermi di fronte allo spettacolo dell’esistenza.

Proprio come nel Friedrich degli uomini soli intenti nella visione del mondo. Dell’universo intero. Quegli uomini, monaci o viaggiatori, sempre ritratti di spalle. Per poterci immedesimare. Per vedere con i loro occhi lo spettacolo del mondo, dell’immenso, del Tutto.

Quella sensazione di finitezza nell’infinito è tipica di entrambi gli artisti.

Turner però rende il rapporto con la natura una battaglia. In cui il vincitore si sa benissimo chi è. Lei, onnipresente e onnipotente. Ma a Turner, semplicemente,  interessa il momento del combattimento.  Il mentre.

Con Friedrich godiamo del dopo. Della battaglia terminata. Della perdita dell’uomo che però si unisce, così, alla Natura. Amandola, contemplandola e cercando di comprenderla.

Nelle ultime opere di Turner, il colore si sfalda. Come accadde a molti artisti prima di lui. Come accadde a Tiziano, pensiamo al Supplizio di Marsia. Come accadde a Goya, che nella sua “Quinta del Sordo” ritrae incubi, con un colore ormai degradato. Accadde perfino al grande Michelangelo, che nella sua Pietà Rondanini ricerca la ieraticità, la spiritualità, con un marmo quasi gocciolante, sfaldato, sgretolato.

Perché forse le passioni umane hanno bisogno di un momento di estremo. Di libertà nella rappresentazione.

E cosa sono gli artisti se non, prima di tutto, UOMINI?

Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com

Per approfondimenti: Tate Britain: Exhibition 10 September 2014 – 25 January 2015

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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