La vera e autentica Maddalena del Caravaggio sembra sia stata trovata in una collezione europea. L’opera che il Caravaggio aveva con sé, nel suo ultimo viaggio verso Porto Ercole, dove morì nel 1610. 

Mina Gregori, studiosa del pittore, laureatasi con Roberto Longhi, il critico che ha rivalutato Michelangelo Merisi nel Novecento, è sicura. Queste le sue parole: 

“L’incarnato del corpo di toni variati, l’intensità del volto. I polsi forti e le mani di toni lividi con mirabili variazioni di colore e di luce e con l’ombra che oscura la metà delle dita sono gli aspetti più interessanti e intensi del dipinto. È Caravaggio”.  Inoltre,  dietro il dipinto c’era un foglietto con grafia seicentesca, le cui parole affermano: “Madalena reversa di Caravaggio a Chiaia ivi da servare pel beneficio del Cardinale Borghese di Roma”. Elemento in più che secondo Mina Gregori “conferma in modo definitivo  l’identificazione e l’attribuzione del quadro”. 

“Se hai appreso come un pittore muoveva il pennello sulla tela, allora lo riconosci. È la scuola di Longhi: è stato lui a insegnarmi a guardare così. A leggere l’immagine.” Mina Gregori afferma.

E allora, osserviamola, quest’opera.

Maddalena, ritratta come donna. Non ai piedi di una croce, come l’iconografia rinascimentale insegnava. Non di spalle, senza volto. Non disperata.

La Maddalena, qui, è ritratta in Estasi.

In questa epoca, epoca Barocca, le Estasi  diventano reali, sensuali, femminili. Una religione che implica il corpo, il volto, le mani.

Arte di Controriforma in cui le immagini devono rappresentare chiaramente  il senso e la narrazione raccontata. Ma anche epoca in cui gli artisti riescono  a trovare una loro possibilità di espressione, più audace, più umana.

Non tutti gli artisti. Caravaggio sicuramente sì.

“Tutti i miei peccati son mortali”.  Così diceva il pittore. Pittore cosciente della sua natura umana. Eccolo, il pARticolare. Caravaggio era uomo. Essere umano. Dilaniato dal senso di colpa di aver ucciso. Fuggitivo, cosciente però che no, non poteva fuggire da se stesso.

Caravaggio conosceva l’umanità vera, e la ritraeva sulla tela. Nonostante l’impostazione delle sue opere sia fotografica e teatrale, nonostante la luce precisa, concreta e analitica. Nonostante la precisione formale e costruttiva delle sue realizzazioni, Caravaggio lasciava totale libertà solo a un elemento: l’essere umano. Profondo, mistico. Corporeo. 

Lasciava spazio alla pelle e al pathos.

E a un dettaglio. Qui. Occhi socchiusi, labbra a baciare l’essenza divina. Dita intrecciate. E il ventre. Che sembra gonfio di femminilità.

Proprio in quegli anni, ultimi anni della sua vita, il Caravaggio rappresentò La Morte della Vergine (Louvre, 1604-06). Donna semplice, con capelli raccolti. La Maddalena di spalle, stessa pettinatura di Maria.

E anche Maria, con quel ventre gonfio. Senza troppi misteri o supposizioni. Il ventre è simbolo di femminilità e fertilità. Di futuro e nascita. Del mistero della Creazione.

Simbolo di donna, amante e amata. Maddalena scopre il suo volto, sotto la luce decisa e concreta di Dio. Che la ama, la perdona. E la rende fertile di conoscenza e femminilità.

L’estasi. La nascita. La morte.  L’amore.

Il Mistero della Fede.

Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com

Fonti: 

http://www.ilsole24ore.com/

http://www.repubblica.it/

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

Lascia un commento...