L’amore non è cosa per gente “pettinata”, ovvero gente composta, elegante, ordinata.
L’ho letto scritto da una giornalista qualche tempo fa.
Mi ha colpito, questa frase.
La giornalista sottolineava, nel suo pezzo, quanto in realtà l’amore non abbia per nulla a che fare con la cortesia e il pensiero. L’amore pretende spostamenti, scarpe slacciate, corse nei boschi e sulle strade. Pretende ansia, compromessi, dedizione, mettersi spesso al secondo posto, per un’altra persona. L’amore pretende vesti strappate, tradimento talvolta, cambiamento. Fiori in bocca che cadono e mani coraggiose. Occhi e esperienza decisi. Talvolta l’amore pretende egoismo e non ha nulla in comune con la paura.
L’amore vuole l’azione, il gioco. Poca esitazione.
Penso anche a me. Spesso penso, ragiono. Non agisco. Immagino, sogno, desidero. Intanto però, chi l’amore lo sa affrontare, agisce. Fa. Decide per sé e per gli altri. È interessante. Allora in qualche modo chi pensa rimane sempre fermo? Chi sogna non vive fortemente la possibilità?
C’è chi mi dice spesso “Non sai mangiarti il mondo”.
Ma se il mondo non dovesse essere mangiato? Ma capito, compreso, accolto, apprezzato. Lentamente. Qualcosa la si perde. E se però, talvolta, si pensasse a ciò che piano piano si acquisisce? E soprattutto se si pensa, che ciò che si mangia senza sosta e senza pensieri, un giorno può mangiarti a sua volta? Questa idea del divorare a me rende perplessa.
Forse per l’amore, però, funziona proprio così.
Qui, due testi che parlano di amori vissuti e di donne divoratrici di attimi.
La canzone di Battisti mi ha stupito molto. Chissà quante volte l’ho cantata alla chitarra con quei tre accordi. Ma la storia narrata è tutto tranne che semplice, tutto tranne che un semplice la, mi, re, mi. Ci sono due personaggi che vedi di fronte a te, benissimo. Scene meravigliose e innocenti. E anche non innocenti.
E la poesia di Bachmann racconta sempre un uomo succube del potere su lui esercitato da una donna. Un po’ santa un po’ folle. Traditrice e innamorata. Che scappa anche lei nel bosco e che si fa trovare nel ghiaccio.
La verità, vi prego, sull’amore…
D’inverno sta la mia donna
tra gli animali del bosco.
Che all’alba io debbo tornare,
lo sa la volpe e ne ride.
Come tremano le nuvole! E cade
sul mio colletto di neve
friabile una lastra di ghiaccio.
D’inverno sta la mia donna
albero tra gli alberi, e invita
tra i suoi magnifici rami
cornacchie infelici. Sapendo
che il vento, alle luci dell’alba
solleva il suo vestito da sera
rigido e ricoperto di brina, cacciandomi a casa.
D’inverno sta la mia donna
tra i pesci e senza parole.
Schiavo delle acque,
agitate dalle sue pinne,
sto a riva e contemplo,
come vira e si tuffa
finché il ghiaccio mi allontana.
E ancora colpito dal grido di caccia
dell’uccello che distende le sue ali,
sopra di me, stramazzo
sul campo aperto: lei sfila le penne
al pollame e mi lancia una bianca
clavicola. L’appendo al collo,
allontanadomi tra piume amare.
Infedele è la mia donna,
lo so, talvolta si libra
alta sui tacchi in città,
bacia nei bar con la cannuccia
profondamente la bocca dei bicchieri
e trova parole per tutti.
Ma io non capisco questa lingua.
Paese di nebbia ho veduto,
cuore di nebbia ho mangiato.
Le bionde trecce gli occhi azzurri e poi
Le tue calzette rosse
E l’innocenza sulle gote tue
Due arance ancor più rosse
E la cantina buia dove noi
Respiravamo piano
E le tue corse, l’eco dei tuoi no, oh no
Mi stai facendo paura.
Dove sei stata cos’hai fatto mai?
Una donna, donna dimmi
Cosa vuol dir sono una donna ormai.
Ma quante braccia ti hanno stretto, tu lo sai
Per diventar quel che sei
Che importa tanto tu non me lo dirai, purtroppo.
Ma ti ricordi l’acqua verde e noi
Le rocce, bianco il fondo
Di che colore sono gli occhi tuoi
Se me lo chiedi non rispondo.
O mare nero, o mare nero, o mare ne…
Tu eri chiaro e trasparente come me
O mare nero, o mare nero, o mare ne…
Tu eri chiaro e trasparente come me.
Le biciclette abbandonate sopra il prato e poi
Noi due distesi all’ombra
Un fiore in bocca può servire, sai
Più allegro tutto sembra
E d’improvviso quel silenzio fra noi
E quel tuo sguardo strano
Ti cade il fiore dalla bocca e poi
Oh no, ferma, ti prego, la mano.
Dove sei stata cos’hai fatto mai?
Una donna, donna, donna dimmi
Cosa vuol dir sono una donna ormai.
Io non conosco quel sorriso sicuro che hai
Non so chi sei, non so più chi sei
Mi fai paura oramai, purtroppo.
Ma ti ricordi le onde grandi e noi
Gli spruzzi e le tue risa
Cos’è rimasto in fondo agli occhi tuoi
La fiamma è spenta o è accesa?
O mare nero, o mare nero, o mare ne…
Tu eri chiaro e trasparente come me
O mare nero, o mare nero, o mare ne…
Tu eri chiaro e trasparente come me.
Il sole quando sorge, sorge piano e poi
La luce si diffonde tutto intorno a noi
Le ombre ed i fantasmi della notte sono alberi
E cespugli ancora in fiore
Sono gli occhi di una donna
Ancora piena d’amore
Ispirato a un dialogo immaginario tra Ingeborg Bachmann (Paese di Nebbia, 1956) e Lucio Battisti (La canzone del sole, 1971 – Parole di Mogol)
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