La Mostra a Palazzo Reale Da Raffaello a Schiele, a cura di Stefano Zuffi, ha porta con sé 78 capolavori dal Museo di Belle Arti di Budapest. La mostra rimarrà aperta fino al 7 febbraio 2016. Qui il mio pARTicolare dedicato a una delle opere in mostra: Il Pranzo (1618-19 ca.) di Diego De Silva Y Velázquez (1590-1660).
Vi sono opere che si osserverebbero per un tempo indefinito. Misteriose, bellissime, perfette nella loro aura di umanità e imperfezione.
Il Pranzo di Diego Velázquez ritrae tre persone intorno a un tavolo. Inizialmente si è portati a pensare che sia il ritratto di una scena sacra. Forse perché spesso le narrazioni rappresentate in osteria, in quegli anni di arte, raccontano o qualcosa di estremamente sacro o qualcosa di brutalmente umano, dalle innovative e realistiche opere del Caravaggio. Eppure no. La scena sembra narrare “solamente” di tre persone sedute a consumare un pasto.
Il ragazzo sulla destra si impone sul tavolo con sicurezza. Probabilmente, sta spiegando qualcosa a un suo interlocutore. Le labbra sono semiaperte in una posa precisa, come se stesse dicendo una parola con la “o”. Intanto numera con la sua mano destra e gesticola del suo racconto. Il volto è luminoso, la pelle lucida. I baffi, i capelli neri. L’abito color ocra ricorda le pieghe michelangiolesche dell’ultimo Rinascimento. Al centro della composizione, una signora è intenta a versare del vino in un bicchiere. Un capolavoro di donna, nei dettagli, nella posa iper-realistica. Gli occhi concentratissimi come a bere con essi il vino rosso versato in quel bicchiere, o come a volerne centellinare la quantità. La cuffietta bianca si impone sull’immagine con luminosità e impertinenza. A sinistra il signore più particolare. La pelle ha un colore sull’aranciato. La barba grigia luminosa esplode di luce. Con una mano intende dire “Dici me?”, con l’altra sta aspettando il bicchiere della signora centrale. In tutto questo, gli oggetti sul tavolo creano uno studio di prospettiva e di luci insolito e coraggioso.
C’è qualcosa di estremamente misterioso in questo dialogo di pittura. Eccolo, il pARTicolare.
Le tre persone, viste singolarmente, sembrano ritratte in una situazione di comunione e condivisone di sguardi e discorsi. In realtà, a guardarli insieme, sono totalmente disconnessi. Il ragazzo a destra sembra ora parlare da solo e guardare un punto fisso di fronte a sé. La donna è totalmente isolata nel suo studio del vino. L’uomo a sinistra, nel suo panneggio ancora più Michelangiolesco di quello del ragazzo, sembra come perduto nello sguardo di qualcun altro di fronte a sé. Qualcuno che noi spettatori, però, non vediamo, poiché forse posizionato alle spalle del ragazzo.
Il pensiero che ci sia qualcosa di sacro in questo dipinto, in me permane. Come una Rivelazione.
Intanto, mi stupisco di questa estrema capacità del pittore di creare domande, senza dare risposte, ad una giovanissima età. Velázquez qui non aveva neanche vent’anni. Un po’ di goffaggine stilistica, che viene totalmente oscurata dalla genialità di uno sguardo indagatore.
Creare domande, senza dare risposte.
Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com
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