Martedì 10 e 17 Gennaio si sono svolte le mie Settima ed Ottava lezioni all’UTE. Abbiamo così iniziato il secondo modulo di quest’anno, dedicato a Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.

La Settima Lezione è stata così suddivisa:

INTRODUZIONE. APPROCCIO AL CARAVAGGIO.

LETTURA DELL’INTRODUZIONE DEL LIBRO IL PARADOSSO CARAVAGGIO DI MARCO BONA CASTELLOTTI, ED. BUR, 2007.

FORMAZIONE A MILANO

  • 1584: INIZIO APPRENDISTATO DA SIMONE PETERZANO 
  • I PITTORI CHE CARAVAGGIO GUARDAVA E STUDIAVA:
  • LEONARDO DA VINCI 
  • MORETTO E SAVOLDO A BRESCIA 
  • LOTTO E MORONI A BERGAMO 
  • GIULIO, ANTONIO E VINCENZO CAMPI A MILANO 
  • SOFONISBA ANGUISSOLA A CREMONA 

Ci siamo dunque avvicinati alla storia del Caravaggio: la sua nascita a Milano, la sua infanzia a Caravaggio, il suo apprendistato presso il Peterzano. Abbiamo soprattutto affrontato il tema della Conoscenza di Caravaggio. Ho cercato di sottolineare quanto sia importante, studiando questo pittore, allontanarsi da tutto il clamore romanzesco creato attorno a lui durante i secoli. Ho citato Giovanni Baglione, Giulio Mancini, Roberto Longhi. Ho raccontato, poi, l’approccio di Maurizio Calvesi alla cosiddetta “maledizione” di Caravaggio. Ho voluto in tutti i modi evidenziare quanto Caravaggio debba essere conosciuto prima di tutto dalle fonti, dai documenti, dalle sue opere, e non dalle narrazioni che si contorcono attorno alla sua persona, alla sua leggenda e al suo mito.

In questo è stata fondamentale per me anche l’introduzione di Marco Bona Castellotti al suo scritto Il Paradosso Caravaggio, edito dalla Bur nel 2007.

Poi, le letture d’opera.

Simone Peterzano suo maestro, i fratelli Campi, Lotto e Moroni, Savoldo e Moretto da Brescia. Da questi maestri Caravaggio apprese l’attenzione per il quotidiano, la luce notturna, il ritratto sincero e puro, il valore artistico e fisico dato alle cose, agli oggetti, alla frutta come alle persone, la potenza dell’attimo narrato. E dalla pittura veneta invece, soprattutto dal Tiziano e dal Giorgione, Caravaggio assimilò l’attenzione per l’umano, la luce morbida e la sensualità della carne. La lezione è terminata su un disegno di Sofonisba Anguissola. Il disegno di Sofonisba Il Fanciullo morso da un granchio ispirò Il Ragazzo morso da un ramarro del Caravaggio – “Parea quella testa veramente stridere”, come afferma Giovanni Baglione nella sua biografia del pittore (1617). Un disegno che Caravaggio probabilmente vide in una copia alla bottega del Cavalier d’Arpino.  Grazie a quest’opera, abbiamo così affrontato un altro elemento della formazione di Caravaggio: l’analisi delle reazioni ed emozioni umane, che egli apprese anche dalla conoscenza degli scritti, delle opere, e degli studi caricaturali del genio Leonardo Da Vinci.

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Nell’Ottava lezione, invece, ci siamo concentrati sui primi anni romani del Caravaggio e sulle sue prime opere. Citando Marco Bona Castellotti, anni divisi fra realtà e idealizzazione. Dallo “Stile comico” allo “stile tragico”.

I meravigliosi e sensualissimi suoi primi studi “allo specchio”, quindi probabilmente suoi autoritratti –  Il Bacchino Malato, Il Fanciullo con canestra di frutta, Il Ragazzo morso da un ramarro nelle sue due versioni – Fondazione Longhi e National Gallery di Londra. E poi le prime opere realizzate per il Cardinal Del Monte – I Bari, La Buona Ventura, Il Concerto. I suoi primi dipinti religiosi – Il San Francesco che riceve le stimmate, La Maddalena Penitente, Il Riposo dalla Fuga in Egitto. E quelle opere che sottolineano il suo studio e attenzione ai nervi, alle tensioni umane, che partono appunto dal Ragazzo Morso dal Ramarro, attraversano La Medusa e arrivano alla Giuditta e Oloferne del 1597.

Abbiamo conosciuto i primi anni romani di Caravaggio, arrivato nella città eterna con pochissimi soldi, senza contatti e senza punti di riferimento. Prima, il suo soggiorno da Monsignor Pucci, detto Monsignor Insalata (poiché sembra gli desse da mangiare una sola insalata in tutto il giorno!), dal Cavalier d’Arpino e infine dal Cardinal del Monte, uomo di grande cultura che rimase sconvolto e attratto dalle opere di questo giovane pittore lombardo.

Abbiamo poi guardato, con timore e reverenza, alla sua prima natura morta: La Canestra di frutta, realizzata nel 1599. Opera che racconta, tramite una canestra di vimini, della frutta luminosa in una stanza buia e misteriosa, il potere e la penitenza, il peccato e il marcio nell’animo umano. (Vedi: Il pARTicolare. La Canestra di Frutta di Caravaggio) 

Caravaggio dipingeva, in questi primi anni romani, per sopravvivere. Per avere vitto e alloggio, per essere curato, per poter mangiare qualcosa. La pittura, forse quasi come una premonizione, iniziò ad essere per lui possibilità di sopravvivenza, come fu negli ultimi anni della sua vita. Anni in cui dipingerà per essere protetto e nascosto dalla fuga per l’omicidio commesso a Roma nel 1606. Ma quella è un’altra storia.

Alla prossima! 🙂

Fede 

 

 

 

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