Cammini per la città.
Spesso dicono che l’architettura, lo spazio, non abbia nulla a che fare con le parole.
Dicono inoltre che la tecnologia ci stia rovinando.
Un giorno un ragazzo era seduto ad un tavolo. Giocava con il suo cellulare. I suoi occhiali spessi e tondi tondi attaccati ad un piccolo naso. La sua testa liscia liscia chinata e concentrata come se il mondo intero non esistesse. Mi sono avvicinata per capire cosa facesse.
Mi guardò. Sorrise.
Mi porse il suo cellulare. E disse solo:
“Guarda qui.
Wow. Puff!”
Con quel sono onomatopeico intendeva “Pazzesco, bellissimo, stravolgente.”
Con quel suono mi sono approcciata a Jenny Holzer. Artista americana, classe 1950, che ha fatto della proiezione e della tecnologia la sua firma. Scrive sui grandi monumenti, sulle strade. Sulle città.
Se si naviga sul suo sito si incontra un mappamondo di muri, monumenti e parole. Firme del suo pensiero, di poesie, della sua provocazione in ogni città del mondo. Una parola che è impressa, ma che con un soffio scompare. E poi può riapparire. Non è scritta nel vento. E neanche marchiata sulla pietra. È come se fosse soffiata nella nostra immaginazione. Come nei nostri sogni può apparire e scomparire.
Su Ponte Vecchio a Firenze: “You are my own“… “I smell you on my skin”.
A New York, A Bordeaux. A Parigi. A Roma.
Attraversa lei i muri con le parole, che si rafforzano di significato. Diventano pietre, davvero. Pietre gigantesche. Non puoi fare altro che osservare a bocca aperta il miracolo della parola. Del significato.
Del potere dell’essenza.
In bianco e nero le sue immagini rimbombano in noi.
“I Can’t Tell you”. – Non posso dirtelo.
E se non posso dirtelo, almeno te lo scrivo.
“Puff.”
Con una onomatopea ho scoperto il valore sconvolgente della parola.
Soprattutto, di quella che non riesci a dire.
Scritto per MifacciodiCultura – Artspecialday.com
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