Ho voluto intervistare Simone Rugiati, giovane cuoco e presentatore televisivo italiano. I suoi programmi su La7D spopolano (Cuochi e Fiamme, Food Maniac). Ho fortemente voluto parlare con lui, non tanto per il suo personaggio televisivo, ma per conoscere il suo punto di vista su temi così indispensabili e contemporanei, come la cucina, l’Expo, la cultura del benessere, nel senso di curarsi anima e corpo, nella vita di ognuno di noi.
Come è iniziata la tua passione per la cucina e cosa ti ha fatto decidere di vivere della tua passione?
Io ho due genitori professori di educazione fisica (ora in pensione) e quando ero piccolo lavoravano fino a tardissimo. Avevo una tata e siccome da bambino ero molto vivace, un diavoletto, mi faceva cucinare per star tranquillo. C’è da dire che la mia tata non era mai entrata in supermercato. Vivevo di prodotti naturali, realizzati in casa. Sono cresciuto con un approccio vicino alla materia prima. Finito l’alberghiero, i miei genitori volevano che facessi l’università. Sai, ora fa figo fare il cuoco, ma all’epoca non era un lavoro giudicato di alto livello. Così ho iniziato a lavorare all’Isola D’Elba in un ristorante. Ma il lavoro lì non mi appagava, non mi sentivo pienamente soddisfatto. Nonostante lavorassi tantissimo e fossi responsabile di cucina, ho voluto cambiare posto.
E ho iniziato a viaggiare.
Ho conosciuto molti ristoranti. Stavo poco in tanti posti, perché volevo imparare il più possibile. Ho poi lavorato per 5 anni in una casa editrice a Parma dove ho conosciuto i migliori cuochi di tutta Italia, la crème de la crème. Ho imparato davvero la cultura della cucina. Ho assorbito nozioni, capacità, conoscenza da ognuno di loro.
Come è nato il rapporto con la televisione? Hai mai studiato per la televisione? Perché sembri davvero adatto a comunicare con il video!
Una volta una signora mi ha chiesto se facessi dei corsi per fare l’attore. Ma come? Io ho studiato un sacco per il MIO lavoro! Il ristorante mi ha insegnato la manualità. Era un ritmo terribile. Non so se ora riuscirei a seguire quel ritmo velocissimo che avevo a 20 anni, forse ci vorrebbe una settimana per riprenderlo. Con la casa editrice, invece, ho imparato la cultura della cucina. La storia della cucina. Il valore della cucina. E la comunicazione.
Cosa unisce per te le parole Cultura, Arte e Cucina?
La cucina È cultura. È arte. È letteratura. È storia. Un cuoco ha una enorme responsabilità, perché ti mette in bocca qualcosa, che diventa parte di te. Perché come dice la letteratura, siamo quello che mangiamo. Sembra poetico, ma è così. La cucina è cultura, chimica, studio. Devi essere preparato. La cucina è strettamente legata anche alla salute. E per quanto riguarda l’arte… Arte tutta la vita. Un cibo dipende da come lo impiatti. Gli ingredienti sono da stendere come i colori sulla tela. Ecco, una cosa… Vorrei diventare famoso da vivo e non da morto come gran parte degli artisti! (ride). Un altro esempio di unione tra cucina e arte è Marchesi. Un grande maestro di arte, cultura, letteratura e cucina ovviamente.
E pensiamo poi alla cultura che esiste dietro al vino. Lì vi troviamo tutta una geometria infinita.
Cosa pensi della prossima Expo a Milano? Il tema del nutrirsi bene e del cibo… Come senti questo evento?
Sto collaborando già per questo evento, da cuoco. Ma ti dico, da italiano medio, se dovessi pensare a ciò che mi è arrivato dalla comunicazione e dai giornali, non capirei nulla. Davvero nulla. Sappiamo che il tema principale è la buona alimentazione, però ci tengo a dire una cosa: noi italiani dovremmo mantenere e valorizzare di più i NOSTRI prodotti e le nostre specialità e ricette. Abbiamo i prodotti più buoni al mondo e non ci sappiamo tutelare. Ci copiano ovunque, copiandoci spesso male. Non sappiamo valorizzare ciò che è nostro ed è importante dire che dall’estero, invece, sono interessati a acquistare i nostri prodotti, quelli che hanno il NOSTRO marchio. Non vi è libertà di espansione e non vi è comunicazione giusta sui nostri prodotti . I ristoranti medio- bassi nel mondo portano in giro il nome di piatti italiani sbagliando, realizzandoli male. Questo non è giusto per noi. Parlo soprattutto dei paesi orientali e dell’Africa.
Poi qui, ora, si sta inoltre perdendo l’idea del buon mangiare e della buona cucina. Con la povertà, con i pochi soldi, non si prendono più i prodotti buoni e di alta qualità , che comunque costano molto. Io per prepararmi una cena come si deve, con prodotti di qualità, arrivo anche a pagare 34,00 euro. Si preferisce quindi mangiare al cinese o male. Devo anche rimarcare che, tanto di cappello, mi capita di vedere al supermercato (ho lavorato anche nei supermercati) gli operai che a pausa pranzo si mangiano l’insalata di pollo fatta da casa. Per risparmiare. Esistono entrambe le situazioni.
Ecco. Diciamo che la crisi e la povertà hanno portato anche a una povertà culturale e salutare del cibo. Perché mangiare bene, costa. A proposito di “Perdita del senso del mangiare bene”, credi che i diversi programmi culinari in televisione adesso possano aiutare un pubblico più vasto a comprendere meglio l’importanza del benessere culinario?
Allora, quando ho iniziato io c’era solo La prova del cuoco come programma culinario. Ora ce ne sono molti di più. Il problema è che spesso vengono proposte persone che sanno parlare e rapportarsi con la telecamera, ma che non sanno specificatamente di cucina. Mi è capitato di sentire consigli culinari totalmente errati. Questo è un atteggiamento sbagliato. Bisogna passare anche la conoscenza GIUSTA della cucina.
Parlami di Food Maniac. Di questo programma così innovativo, giovane, e comunque semplice nella realizzazione. Un programma che segue, direi, l’estetica del LO-Fi, della bassa risoluzione. Ad esempio, l’audio. Vi è uno stacco pazzesco dei volumi nel programma…
Food Maniac è un progetto nato per il web, e poi passato in televisione. Sì, l’audio è un problema. Vi sono imperfezioni, ma è un programma davvero quotidiano, semplice, realizzato con una telecamera. Innovativo. Dove comunque la cucina è la protagonista, con la mia vita quotidiana, i miei amici che passano a mangiare da me, è tutto vero. Se non sarà realizzato in La7 nel prossimo anno, sarà comunque un progetto che manterrò nel web, nel mio blog FoodLoft.
Simone è un ragazzo vulcanico, preso da mille progetti, generoso nelle risposte e gentile nella conversazione. Esplosivo nelle sue mille idee, con la voracità di chi è giovane, ha passione, e vive di questa. Ascoltando Simone ho compreso che la cucina è una cosa seria. Ma anche affascinante e suggestiva!
Come un’opera d’arte. Un’opera d’arte che da dripping diventa reale e figura. Pittura incarnata, citando Didi-Huberman. Dove le ombre fanno il movimento e il pensiero. La luce esalta il profumo. E il corpo, le forme, la scultura concreta sono realizzazione di un’idea. Un’idea viva. In un dettaglio che si realizza nel tempo.
Il colore, steso sulla tela, ha così il potere sottile della seduzione del pensiero.
Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com
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