Da dentro la Piramide del Louvre, fuori, è tutto diverso. Il calore del vetro fa da effetto serra, lì dentro. Vedi il sole tramontare, l’arancio del cielo delle 21.30 (perché lì al Nord, il sole cala molto tardi, le giornate sembrano infinite e anche le emozioni sembrano dipanate nel tempo. Un piccolo miracolo).
Non lo si sa, generalmente, ma ogni anno, a Giugno, nella Piramide del Louvre, all’entrata del Museo, si svolge la festa per i dipendenti e stagisti del museo. La cosiddetta “Fête du personell”. Io nel 2010, ero lì.
Il museo si trasforma in discoteca.
Viene allestita una pista da ballo, le casse, un buffet di succhi di frutta e spumante (Sì, bevvi anche io, anche se astemia. Non potevo non assaggiare lo spumante o champagne, chi lo sa, del Louvre). Tartine eleganti e raffinate. Il bagno pieno di specchi, di solito ricco di visitatori, diventa come la toilet dei locali. Ragazze si cambiano in bagno ( Io compresa. Venivo dagli uffici, dovevo mettermi un vestito più carino, per La Festa Al Louvre). Ragazze si truccano davanti allo specchio, si scambiano commenti, pensieri, decidono come deve svolgersi la serata. Io cercavo solo di sistemarmi quei capelli ancora lunghissimi e ribelli. Volevo darmi un’aria più seria.
Le biglietterie spariscono. E soprattutto spariscono i ruoli.
L’assistente del Capo vicino al mio ufficio, affascinante e sempre severa, quella sera si bevve lo champagne con me. E ballammo anche una musica africana. Come le sue bellissime origini. Le figlie della collega cinese ballavano a piedi nudi nella sala. Vestite con un abitino tradizionale e colorato. Io e la mia collega stagista Lee, tedesca, ci unimmo molto quella sera. Da colleghe diventammo amiche. E ancora oggi quella nottata rimane intensa nei ricordi e nei nostri racconti.
Poi c’erano i cuochi della mensa, la sicurezza del museo e i capi degli altri uffici. C’era anche il signore che mi controllava il badge ogni mattina per entrare a lavoro. Quella sera mi guardò e sorrise. Ormai mi conosceva, non dovevo sottolineargli la mia identità. Il cielo, da dentro la Piramide, diveniva sempre più scuro. Le luci da discoteca più forti. I miei tacchi iniziavano a dolorare, così ballai a piedi nudi con Lee che scatenò la sua parte italiana, imparata da me in tre mesi di lavoro gomito a gomito. Anche io probabilmente imparai qualcosa della cultura tedesca. Una leggera precisione, forse. Ma che sparì subito, effettivamente. Insomma, un team di un museo, nel museo più importante del mondo, a ballare.
Questo ricordo e questi pensieri per valutare una realtà: il museo viene vissuto in molti paesi, tranne che in Italia, come luogo di aggregazione, di possibilità di divertimento. Senza che questo pensiero venga visto come un’eresia. Chissà se in Italia potremmo organizzare mai un buffet sulla terrazza degli Uffizi. Una notte bianca nei cortili dei Musei Vaticani. Una serata danzante alla reggia di Caserta. Che sia chiaro per tutti però: In Italia queste cose già accadono. Ma per i ricchi. Per gli abbienti. O per le grandi banche e grandi aziende che affittano un luogo di cultura perché fa “cool” fa “Status Symbol”. O può anche capitare che tu sia un politico intoccabile e che tu abbia la possibilità di goderti da solo la reggia di Caserta durante il Jogging. Il nostro, il Paese dei paradossi.
Mi piacerebbe un museo che diventi una festa per tutti. Nessuna Cenerentola. Nessuna scarpa perduta. A piedi nudi è tutto più vero.
La Piramide splenderà sempre di più.
Un bicchiere di champagne, anche da astemia. I capelli sempre ribelli.
E gli occhi all’insù.
Verso quel cielo che, aldiquà del vetro, sembra, se possibile, ancora più bello.
Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com
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