Il pARTicolare. Tamara De Lempicka

Una donna dorme. Dorme?

Un’altra è sveglia, attenta, guardinga.

Capelli corti. Volto androgino. Corpo femminile in ogni piega delle sue forme.

Cosa accade fuori, cosa viene guardato?

Una donna dorme. Dorme?

Linda Nochlin (30 Gennaio 1931),professoressa e femminista attivista in ogni suo lavoro, ora insegnante a New York, in un suo libro di importanza profonda per comprendere le donne ritratte nella storia dell’arte, Representing Women (1999), legge in maniera complessa un dipinto che tanto complesso, in realtà, non sembra.

G. Courbet, Giovani donne sulla riva della Senna, 1857

Il dipinto in questione è le Giovani donne sulla riva della Senna (1857) di Gustave Courbet. Due donne sono sdraiate nella natura meravigliosa. Una dorme, o è semi sveglia. L’altra sembra controllare cosa accade intorno. In maniera un po’ annoiata e  vagamente triste. Eppure la natura è lussureggiante, profumata, bagnata di rugiada, umida di fertilità, accogliente nel verde delle sue fronde. Linda Nochlin, per prima cosa, ci fa notare che la donna sdraiata in primo piano non è completamente vestita. È in sottoveste, situazione fisica che all’epoca era giudicata ancora più erotica e sfacciata di un nudo. Perché l’intimo indossato prevedeva un momento in cui la donna si stava spogliando, o si stava vestendo. Momento dunque di transito, di attesa voluta. Qualcosa ci fa intendere, però che tutto non sia voluto.Nello stesso periodo di quest’opera, qualche anno prima, Flora Tristan nel suo libro Promenades dans Londres (1840) racconta cosa accadeva alle prostitute degli uomini per bene londinesi. Venivano fatte ubriacare e poi, portate nella natura lontane dagli sguardi delle altre persone, venivano possedute.  Nella natura. Ecco, questa lettura non implica uno stretto legame tra l’opera e lo scritto. Io sono fermamente convinta che Linda Nochlin non voglia dire che ciò che viene raccontato nel testo sia lo specchio preciso di un’opera. Ma quel testo racconta la situazione femminile dell’epoca, in maniera diretta e sconcertante. Un testo, si direbbe oggi, profondamente sincero.

Tamara de Lempicka Prospettiva o Le due amiche (Perspective o Les deux amies), 1923 Olio su tela, 130,00×160,00×0,00 cm © Association des Amis du Petit Palais, Ginevra © Tamara Art Heritage

Ho pensato subito a questo libro, a questa opera realista del pittore francese che proprio in questo periodo sta facendo tanto scandalo con la sua Origine du Monde nel mondo di Facebook, dicevo ho pensato subito a tutto questo osservando l’opera di Tamara De Lempicka (Varsavia, 1898- Messico,1980) Prospettiva o  Le due amiche (1923).  C’è stato subito qualcosa che mi ha inquietata in questo capolavoro. Qualcosa che mi ha incuriosita, una forza e un orgoglio profondo e diretto. Quello che solo una donna decisa e diretta, sensuale e potente, concreta e drammatica come Tamara poteva ritrarre.

Partiamo dal titolo. Due versioni del titolo che subito centrano il problema. Il dipinto sembra, da una parte, il ritratto solitario, uggioso, di una città in prospettiva, alla Mario Sironi, o ancora meglio, scomposto come avrebbe fatto Cézanne.  E in primo piano, invece, due amiche. Nude, direttamente nude. Non in sottoveste. In primo piano dunque l’altra versione del titolo, Le due amiche. 

Anche qui, una donna è sveglia, l’altra dormiente. Dormiente? Osservo il pARTicolare del volto della donna sdraiata. Il suo volto ritrae un’estasi. Ripenso alla donna di Courbet. 

In effetti, entrambe le donne sdraiate non hanno il volto rilassato o dormiente. Sereno come le veneri giorgionesche o tizianesche del Cinquecento. Queste donne sono intimamente smosse. Forse addormentate per il troppo bere, forse amate non coscientemente. Forse semplicemente perse, perdute. Sicuramente, perdute in un’estasi sensuale. In una città uggiosa, lontana, alienante. L’altra donna, quella seduta, anche lei riprende la posizione dell’altra protagonista di Courbet. Solo, più moderna, più guardinga, nel suo corpo maschile e michelangiolesco, a ricordare l’Aurora e l’Alba delle Tombe Medicee. E con un atteggiamento, un dettaglio, di profonda intimità e tenerezza: quel braccio appoggiato come a proteggere, come a ricercare una vicinanza, sulla gamba dell’amica in estasi.Quelle donne con corpo da uomo e donne insieme, quelle donne che in quel corpo esprimono il loro desiderio di potere, il loro desiderio di difendersi ed esser forti, contro tutto. Contro tutti. Le espressioni realizzate da Tamara sono più dirette, chiare, decise. L’ambiguità del dipinto di Courbet qui sparisce.

Tamara, come ogni donna, sceglie la strada dell’esposizione.

Ora, alla luce di questo, quel parallelismo di Linda Nochlin con lo scritto di Flora Tristan non sembra più azzardato.  Tamara de Lempicka sicuramente conosceva bene il dipinto di Courbet, che sembra riprendere davvero in ogni posa, forma e dettaglio. Solo, in chiave più moderna. In chiave più futurista, cubista. Post-modernista.

Perché Tamara in questo quadro era andata avanti, molto più avanti dei suoi anni.  Aveva ritratto l’amicizia femminile in una forma iconografia che piaceva al pubblico maschile. L’amicizia tra donne che pretende coraggio, forza. Tenerezza e attenzione. Pretende anche l’audacia di difendersi. Da un mondo lontano, uggioso, che poi così lontano non è. Difendersi da uomini, a volte troppo vicini e violenti. Difendersi dai giudizi, in un silenzio assordante che sembra rimbombare nel cemento della città lontana. Un contrasto tra desiderio e allontanamento.

Un mondo in cui ormai siamo presenti. Noi giovani donne di oggi.

E dove neanche la natura è più accogliente.

Dove la città dice, in realtà, ciò che nel primo piano possiamo solo immaginare.

Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com

Per Approfondimenti:

– A Torino, a Palazzo Chiablese, dal 19 Marzo al 30 Agosto 2015, è in esposizione la mostra dedicata a Tamara De Lempicka.

– L. Nochlin, Representing Women, Ed. Tauris, 1999

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