Paolo Patruno è un fotografo – reporter che dal 2011 al 2013 ha realizzato ritratti alle Madri in Africa. Ha seguito con i suoi scatti la loro difficoltà quotidiana, la fatica e spesso il dolore di crescere un figlio in un luogo che non è dalla loro parte. Le sue fotografie sono state scattate in questi anni in Malawi, Uganda, Congo e Etiopia. La serie di queste opere è intitolata “Mother Portraits”.
Mi vengono in mente due pensieri, così, istantaneamente. Proprio come una fotografia. Una mia cara amica un giorno mi disse “Non devi avere paura. Noi donne siamo state programmate per sentire e sopravvivere al dolore del parto. Combattiamo tutto, noi. Siamo fortissime.”
L’avevo molto apprezzata per il coraggio di questa affermazione.
E poi, un altro pensiero.
Per chi vive spesso in treno come me,vita quotidiana da pendolare, spesso capita, per fortuna, di trovarsi in un mondo internazionale e multiculturale. Ad ogni ora e momento del giorno.
Un giorno una signora africana prima di scendere dal treno ha iniziato il suo rito: con amore, attenzione e una grande forza ha sistemato sulla sua schiena la sua piccola bimba. Un rito lungo, tre teli immensi che io non avrei neanche saputo tenere in mano. Con il primo si è legata la bimba alla schiena. Con il seconde ha rafforzato il legame. Con il terzo ha stretto la schiena della bimba. La figlia era immobile. Non un pianto. Non un lamento. Con il suo silenzio aiutava la madre, e il suo corpo seguiva passo passo i movimenti dei teli. Tutto il vagone, me compresa, abbiamo osservato il momento come di fronte a un rito religioso.
Tutti sorridenti.
La Madre, quando se ne è accorta, ha sorriso anche lei. Ed è scesa dal treno. Il sorriso sul nostro viso è rimasto. Intriso di sorpresa e ammirazione.
Osservo una fotografia di Paolo Patruno.
E con questi due pensieri ragiono.
Ho di fronte un momento sacro, e anche l’iconografia me lo ricorda.
Una donna africana, di profilo, la sua pancia ventre dell’immenso. Da destra, arriva un fascio di luce.
Una moderna, contemporanea, africana Annunciazione. Questo è.
Non vediamo l’Angelo. Spesso l’Annunciazione è rappresentata con l’arrivo dell’Angelo, una Maria magra e indecisa, giovane e tremante. Un Angelo che porta
La Notizia per eccellenza. Qui l’Angelo non lo vediamo, ma dalla finestra arriva un violento e irradiante fascio di luce. Nei suoi occhi non vi è paura.
Vi è domanda, forza, e decisione cosciente. Vi è anche richiesta di attesa.
Una moderna Maria. Contemporanea. Il suo sguardo ricorda L’Annunciata di Antonello Da Messina (Vedi: Il pARTicolare. L’Annunciata di Antonello da Messina).
E, non a caso, anche lì, l’Angelo non c’era. C’era il vento. Simbolo dell’arrivo dell’Angelo che sposta i fogli del Vangelo.
Qui c’è la Luce.
Luce che inonda. Forte, verso uno sguardo di presa di coscienza. Di fatica. E di coraggio.
Un rito religioso, tenersi in braccio una figlia. Portarla con sé.
Nella luce, tre teli a sostenerla.
E il coraggio a difenderla.
Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com
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