Ci sono momenti nella vita che sono importanti. Momenti in cui senti di essere un po’ cresciuto, grande, tutto ad un tratto. Ci sono momenti più decisivi e intensi. Ma ci sono anche quei piccoli momenti, quasi impercettibili.
Qualche sera fa, in una di queste giornate molto afose, mi sono dedicata alla televisione. Quella sera è capitato che avessero programmato L’ultimo Bacio (Gabriele Muccino, 2001). Ho provato a guardarlo, a distanza di anni. Da adolescente, a guardarlo, ridevo. Provavo tenerezza e comprendevo i personaggi nella loro crisi e nei loro difetti. Adesso questo non è più capitato. Qualcosa è cambiato.
Non riuscivo a seguirlo perché vedevo profili di fronte a me di ogni tipo di uomo e donna che ad oggi disprezzo amorevolmente. Tutti insieme, in un tableau vivant: Il marito impaurito, il neo-padre terrorizzato, l’innamorato impenitente e folle, l’eterno superficiale. E poi la donna che ha la lista della vita con le tappe da segnare con una crocetta (Lavoro- fatto, Fidanzato- Fatto, Matrimonio – fatto. Oddio il Figlio? Sono in ritardo ? Oddio ecco il figlio ora lo faccio. Fatto), la neo-mamma isterica, la stronza indistruttibile, l’adolescente sognatrice.
E lei, Stefania Sandrelli (Viareggio, 5 giugno 1946) nel personaggio di Anna, la madre in crisi.
Sono rimasta a osservarla, come una calamita sono rimasta lì, con il pensiero a quella artista immensa, a quegli occhi capaci di far intravedere il desiderio e il dolore, mischiati insieme, come nessun’altra attrice di nessun tempo. E senza farlo di proposito ecco la mia scena preferita: la lite tra lei e il marito. Marito psicoterapeuta, serio, posato, equilibrato. Dopo trent’anni di matrimonio, le vuole ancora bene. Ma lei soffre. Si sente che sta invecchiando. La giovane e bella figlia sta iniziando la sua vita d’amore. Lei si guarda allo specchio e non si riconosce più. Vede il tempo che è scivolato. Decide di lasciare il marito che le risponde «Tanto tu non riesci a vivere senza di me. Ma non perché sei fragile, come tu pensi di te. Perché mi vuoi ancora bene».
Ma lei no. Vuole provocare una reazione forte. Gli dice tutto «Ti ho tradito, tre anni fa. Oggi l’ho rivisto e se mi avesse chiesto di seguirlo in capo al mondo io l’avrei fatto».
Lui barcolla. L’unico personaggio positivo, io penso, di tutto il film, che ha un momento di debolezza.
Stefania Sandrelli invece è forte, qui, è drammatica e intensa, comica e leggera. Ha gli occhi che tutto dicono, la voce che trema in sottofondo. Si agita. Si arrabbia. Si scuote. Quella giovinezza in lei è quasi più presente che in tutti gli altri personaggi. È delicata e ingenua È un fuoco che non si placa. È sincera nelle sue reazioni. Acqua che scorre. Senza isteria, solo tanta tenerezza.
Lui le dice: «Sei una pianta grassa con troppe spine!»
E lei. «Sì. Una pianta grassa con troppe spine. Non so cosa voglia dire, ma è proprio quello che penso di te!»
Rido, tanto e di gusto, come ho sempre fatto. Ma poi comprendo che non si sono capiti, nemmeno loro. Nemmeno loro, dopo una vita insieme, comunicano. La coppia matura non è matura, vacilla anche lei. Come se le età non esistessero più. Come se la maturità fosse solo una chimera. Troppo lontana e forse persa tra i meandri delle fragilità e dei desideri nascosti di ognuno di noi. Non c’è crisi di gioventù. Non è la giovinezza il problema. Non siamo noi, sbagliati.
Torneranno insieme. Il personaggio di Stefania farà pace con se stessa, accetterà di continuare a vivere con il marito che le dà sicurezza, e forse la delusione del tradimento del genero alla figlia le farà capire che così sfortunata in vita sua non è stata.
È avvenuto, quella sera, un momento impercettibile.
Di comprensione delle relazioni.
E di ordinaria coscienza, grazie a un’attrice straordinaria.
Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com
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