– Da dove vieni?
– Dalla Syria.
La cotoletta è arrivata. Calda. Siamo solo noi cinque, un gruppo di ragazzi che dal mondo arriva qui, in una città straniera, Friburgo, a raccontare di sé. Tutto sembra leggero, delicato. Da fuori un gruppo di amici che si gode una cena.
Da fuori.
Sono più grande ora. Viaggiare in un altro Paese mi mette in relazione con realtà complesse. Non è più solo il desiderio di comprendere i sentimenti che mi spinge. Come fu anni fa a Dresda. Qui mi spinge il desiderio di comprendere più ampiamente la vita. E il mondo. Sembra strano, ma alcune volte è assurdo cosa accade. In una classe sono l’unica italiana. Danimarca, Syria, Turchia, Indonesia, Cina. Tutto il mondo in una classe. Io vengo solo dall’Italia. E vengo perché in Italia il lavoro va male, molto male. Vengo perché amo follemente questa lingua, questa cultura. Quella tedesca. Molti non mi capiscono ma per me è una passione che cresce sempre di più. Al contrario di come accade in una storia d’amore. Per me è solo crescita di desiderio. Però c’è qualcuno che non viene per amore.
Louay è siriano. Ha 34 anni, è un medico chirurgo con due specializzazioni. Oggi tocca a lui parlare della sua terra. Ogni giorno ognuno deve esporre un tema in classe e parlare, per imparare a esprimersi in questa lingua così complessa. Louay parla della Syria. Ma io qualcosa già so, perché qualche giorno fa, mentre cenavamo, ho iniziato a fargli mille domande. Non lo facevo neanche respirare. Sono due anni che scrivo di mondo, immigrazione, sentimenti. E ora ho qui persone vere, che possono raccontarmi la verità.
Louay ha sudato tantissimo per avere un visto, per venire in Europa. In Syria ha perso amici e parenti. Morti. Per una dittatura, che è quello che sta avvenendo. Louay è qui da 4 mesi e studia il tedesco perché qui vuole vivere in un posto democratico. Dove c’è libertà.
-Cosa è per te la libertà, Louay?
– È complesso da spiegare. Per essere brevi, nessuno mi deve dire cosa devo fare. È troppo poco forse come risposta.
– No. È chiarissima. Grazie.
La sua famiglia è lì, lontana, nella sua Patria che sua Patria più non è. Per lui la sua Patria ora è la Germania, “dove si trova il suo cuore”. Perché il cuore si sposta quando hai ricordi così terribili nel posto dove sei nato.
La sua famiglia è lì. Continuo a pensare a questo dettaglio.
– Vuoi diventare un medico in Germania anche per loro?
– Sì, certo. Spero che mi raggiungeranno.
Louay non è affatto tenero. È molto duro. È molto distaccato. Mentre lui parla io ho un nodo in gola che non mando giù, la pelle d’oca. Il dolore nelle vene. Lui esterna solo freddezza e distanza. In alcuni momenti però, lo vedo crollare. Proprio quando gli chiedo cosa sia per lui La Libertà. I suoi occhi si bagnano. Non sa dove guardare. Mi sento quasi in colpa per questa domanda.
Poi c’è Jennifer, dalla California, 35 anni: “vengo in Europa perché è un paese migliore dell’America. Forse voi non ve ne accorgete ma è così.”
E poi c’è un tesoro di ragazzo. Il piccolo Erdogan. Musulmano. Da Istanbul. Nei suoi occhi impugna tutta la bellezza del mondo. Non fa altro che sorridere. Altissimo, attento ad ogni movimento. Quando passi ti tiene aperta la porta Erdogan. Sempre.
L’altro giorno eravamo in un museo insieme. Mi ha chiesto tutto, tutto di ogni immagine sacra cristiana. Ogni dettaglio, ogni particolare. Elementi che neanche io avevo mai notato:
– Chi sono quei signori che giocano a dadi ai piedi di Cristo? Perché Cristo ha sulla testa quella corona? Cosa significa? Chi è quell’uomo che uccide Cristo con una lancia? Ah, è un uomo buono perché ferma la sua sofferenza? Che bello… E chi sono quelle donne? Lei è Maria? Che bello… E cosa accade qui? Chi sono questi Santi? Come si chiama il tuo Dio? Solo Dio? Ah… che bello.
Erdogan mi ha aperto gli occhi su me stessa. Ho scoperto che, nonostante le mie idee liberali, anche io sono una persona con dei pregiudizi. Ho un po’ paura della parola musulmano. È la verità. È una religione che mi spaventa e mi affascina allo stesso tempo. E lui, minuto per minuto, giorno per giorno mi sta facendo crollare pezzo per pezzo questi muri di incoscienza Perché la paura è incoscienza. Piccoli ed enormi pregiudizi distrutti dai sorrisi. Dalla voglia di ingoiare il mondo di un giovane ragazzo che vorrebbe lavorare nella politica della sua città, Istanbul. Vorrebbe fare un dottorato di ricerca in politica. Vorrebbe studiare e studiare.
– Amo studiare. Vorrei sempre studiare.
E poi ci sono Mette dalla Danimarca, Fendy da Singapore, Yana da Taywan, e altri. Tanti, tantissimi altri. Un piccolo mondo racchiuso in una stanza: di una classe, di un bar, di un ristorante.
Ora devo andare. Mihaela, la mia coinquilina dalla Romania, mi chiede come si dice in tedesco “tu daresti”.
Cosa daremmo noi, mi chiedo? Per comprendere davvero questo mondo? Dove la gente muore e si distrugge per il potere. Si ammazza.
– Erdogan, ma perché c’è gente che ama ancora Erdogan? Cioè, l’altro Erdogan, il capo politico. Ecco. Perché?
– Perché sono ignoranti, Federica. È l’ignoranza il problema.
Noi giovani turchi vogliamo solo la libertà.
Scritto per MIFaccioDiCultura – Artspecialday.com
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