Voglio una guerra d’amore.
Cosa può fermare una guerra? Dicono tutti che sia l’amore.
L’amore può fermare una guerra. Ma pochi raccontano che anche l’amore è una guerra. Interna, nelle viscere, nella mente, nello spirito. Conflitti, pensieri, paure. Paura di essere felice.
E se essere felice fosse il preludio della tristezza? Se fidarsi fosse pericoloso, fastidioso? Se invece fosse ugualmente doloroso vedere la felicità negli altri? Gli altri che hanno il coraggio di prendersela la felicità. Amare. Affrontare. Sono belli i verbi della prima coniugazione, Are. Mi danno il senso di libertà, potenza, fermezza, gioia.
Fermezza e gioia.
Per l’amore si deve avere coraggio. Per la libertà ci vuole coraggio.
Penso ai rifugiati di ogni luogo del mondo. Ora penso ai rifugiati siriani. Ci vuole coraggio a percorrere chilometri e sapere che si può morire da un momento all’altro. Di stenti, di paura, di debolezza, di fame, di malattia. Uccisi, derisi, rifiutati, sputati, derubati dell’anima e della dignità. Eppure lo fanno. Lo fanno perché alle spalle hanno l’orrore della guerra. Lo fanno nonostante la guerra. C’è una forza misteriosa che spinge all’amore, alla vita, alla coscienza, alla forza da leoni. Forse è quello che porta l’essere umano ai sentimenti più potenti e veementi: la coscienza del dolore. Il dolore spinge alla vita. L’essere umano ha in sé il seme della vita. Ha il seme della scoperta e della speranza.
E allora forse ci vuole il dolore per volere la felicità? E se non il dolore, il ricordo del dolore?
Forse bisognerebbe pensare a tutte le volte che una guerra interiore l’abbiamo vissuta. A tutte le volte che un chiodo ha macinato il nostro cuore, pelle. Cicatrici di rabbia e vuoto. Forse dovremmo pensare a quel dolore per permetterci la felicità?
Perché la felicità fa paura?
È come se ci sentissimo in colpa di essere felici.
Ma non felici per tanto, eh.
Anche felici per quell’attimo.
Quell’attimo in cui ti ho rivisto. In cui il cielo si è disteso e le mie mani hanno smesso di tremare. In cui il sorriso è tornato e il tempo non sembrava essere passato.
Forse l’amore dilata il tempo? No, credo che l’amore il tempo lo stringa. Lo stringa sulla pelle, nella memoria, sulla carta stampata di lacrime e inchiostro che cola. Stringe il tempo nelle corse al sole, nei pensieri nascosti.
La guerra dilata il tempo.
L’amore lo percorre.
E allora per smettere la guerra dovremmo solo amare. Allora per non scappare più dovremmo solo amarci, sentire la nostra dignità di esseri umani. Allora per vivere la dignità dovremmo concederci la felicità. Un attimo, un secondo. Una vita che vive in quel respiro.
Il buio esiste perché c’è la luce. Il male perché c’è il bene. L’amore perché c’è il dolore.
Ma ancora no, la guerra proprio non la comprendo.
Passano gli anni, passano i secoli. Le notizie si rincorrono e la guerra non la capisco.
Non la capisco. Non capisco quelle mura che si sgretolano, quelle città vuote e silenziose, attutite di passi di fantasmi dolenti. Non comprendo la sofferenza ingiustificata degli uomini. Non giustifico la violenza fra gli uomini. Non la giustifico in nessun caso perché non la capisco.
E allora ecco, non bisogna per forza amare per non fare la guerra. Il contrario di guerra è rispettare.
O meglio, aspettare.
Aspettare, pensare. Ragionare. In un mondo che corre.
Che belli i verbi con la coniugazione in Are.
Mi danno l’idea di qualcosa di infinito.
Sin da piccola mi sono sempre detta che sono bellissima. E non sono mai stata una modella. Ma mi sono sempre detta che sono bellissima perché creatura di Dio. E meritevole di rispetto. Di delicatezza. Da parte mia, da parte di chiunque. Perché ce lo stiamo dimenticando? Perché gli esseri umani dimenticano di rispettare la loro dignità di esseri umani?
L’amore, talvolta è una guerra. Una guerra interiore. Gli occhi si incrociano, le parole si spezzano. Le decisioni si sbagliano. Si ha paura. Allora per far finire la guerra dobbiamo solo rispettare. E aspettare il meglio.
L’amore è una guerra miracolosa. Per pochi. Bisogna per prima cosa lasciarsi amare. Ci vuole coraggio a lasciarsi amare. Ad amarsi. E poi, solo dopo, solo poi, farsi amare.
Dunque penso, se anche l’amore può essere terribile come una guerra, perché non si ama e basta?
Non basta l’amore, come guerra?
Perché l’amore è idealizzato. No. Io sono qui per distruggerlo. L’amore non è semplice, non è un filo di lana morbido e libero ma è un pezzo di legno spezzato. Una strada di cortecce e sassi. Una salita di contraddizioni. Ecco. Forse ho trovato una soluzione.
Basta guerra. Amiamoci e basta. È una guerra sufficiente per i nostri giorni. Amiamoci e guerreggiamo nell’amore.
Voglio l’amore. Voglio la guerra d’amore. Fatta di battaglie, insonnie, sogni sconvolgenti, risvegli appesi, vento struggente. Lame, lance, armature per difendersi, scudi per arrendersi. Elmi per nascondere cosa proviamo realmente. Pistole, cannoni, che con il loro rumore distraggano dal dolore.
Ah sì, ecco cosa voglio.
Voglio solo guerre d’amore.
Il resto no. Non è umano. Non è normale. Non è vivo. Non è coraggioso.
La guerra tra uomini è vigliacca.
La guerra per amore è valorosa.
Come poche.
Ardita e ardente, come poche.
Ma nessuno ce lo racconta.
Ma nessuno lo racconta.
Nessuno, lo racconta.
-La guerra di Piero di Fabrizio de André racconta di un giovane che sta morendo. E quando Piero, il giovane, sta morendo ucciso in guerra da un giovane come lui, pensa a Ninetta.
– È la sua fidanzata Ninetta, prof., giusto?
Guardarvi è una bellezza, ragazzi. Voi l’amore sapete ancora cosa è. E siete la benedizione di questo mondo.
Ninetta è l’amore. Ninetta è il pensiero.
Ninetta è la guerra d’amore.
Scritto per MIfacciodicultura – Artspecialday.com
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