Ha avuto coraggio, Goya.
Non solo nelle sue incisioni dei Disastri della guerra, ma anche in questo enorme dipinto.
Ha avuto coraggio, Goya, perché, per la prima volta, un artista ha urlato la verità della guerra.
La verità della guerra che non è eroismo, non è conquista, non è orgoglio.
No.
La guerra sono quegli occhi persi. E le braccia aperte a croce. È la passione di Cristo, la guerra. È la morte. La povertà, il disordine. I vestiti stracciati e disordinati. È la perdita e l’ingiustizia.
È l’ordine contro la disperazione. È la speranza, all’orizzonte. Una chiesa.
E la guerra non è solo ora. Non è solo presente.
È prima, adesso e dopo.
In un solo scatto fotografico di colori.
Vi è il prima, l’adesso e il dopo.
Con la consapevolezza dell’orrore.
Francisco Goya (Fuendetodos, 30 marzo 1746 – Bordeaux, 16 aprile 1828)
Francisco Goya qui racconta la fucilazione dei francesi contro gli spagnoli. Quegli spagnoli sospettati di avere partecipato alla sommossa del giorno precedente, contro i mamelucchi della cavalleria francese. Posso anche non mettere questo quadro in un contesto. Sembra un ritratto eterno.
Il passato, rappresentato da quell’uomo che, cosciente, si stringe la faccia tra le mani.
Il presente, l’uomo con la camicia bianca e i pantaloni color terra. In centro. Con le mani alzate.
Il futuro. L’uomo a terra. Le braccia aperte. La morte.
Penso sia sempre lui. Ecco. Io penso sia sempre lo stesso uomo. Le gambe aperte del primo, le braccia aperte del secondo che riprendono quelle del terzo per terra.
È un uomo che viene ucciso.
Dall’ordine estremo, soffocante, senza volto, dei fucilieri lì a destra.
Non a caso, il genio del particolare delle pose, riprenderà questa estrema divisione del quadro.
Pablo Picasso, con Il Massacro in Corea del 1951, realizzerà la stessa divisione, con la stessa montagna sullo sfondo a sinistra. Lo stesso popolo nudo e distrutto a sinistra. La stessa violenza elegante e ordinata sulla destra.
Sì, perché la guerra è ferrea. Senza colore. Senza luce. Senza possibilità.
Il quadro di Goya è illuminato solo sulla sinistra, dove si trovano gli uomini con dignità. Che espongono il loro volto.
La violenza invece è vigliacca. Senza volto. Senza coraggio.
Se non quello di sparare.
Prima, adesso e dopo.
Un uomo che piange, un altro che si arrende, un altro che muore.
Un uomo, lo stesso uomo.
Nei secoli dei secoli.
E le braccia, in una croce.
Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecilday.com
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