Questo dice il dizionario della parola Serendipità: «La capacità di rilevare e interpretare correttamente un fenomeno occorso in modo del tutto casuale durante una ricerca scientifica orientata verso altri campi d’indagine». O, più semplicemente, trovare qualcosa di inaspettato e sorprendente, mentre eri intenta a cercare altro.

Questo  mio, è un racconto pARTicolare.

Sabato mi  trovavo al MUDEC e passeggiavo per l’Agorà, il primo piano che dà inizio alle entrate di ogni mostra. Pensavo alla guida all’esposizione dedicata a Mirò che avrei dovuto far dopo poco. Avrei dovuto raccontare Mirò, il tempo, il Novecento, la fantasia. La sua capacità di ricostruire arte e vita tramite cocci di esistenza, tramite stracci e macerie, la capacità di far diventare il nero,  un colore gioioso, bello, allegro. Libero e pieno di respiro. Leggere la vita, i disagi, le guerre del Secolo Breve nell’ossimoro dei colori fantasiosi dell’artista catalano, e far capire come lui, miracolosamente, aveva trovato il modo per espiare il dolore e la sofferenza.  Aveva trovato il suo sorriso vero e sognatore.

Ad un tratto noto, sui vetri che delimitano l’Agorà, alcune fotografie esposte. La mostra si chiama Serendipity. I volti del cammino e annota il reportage fotografico e narrativo di un giornalista e fotografo,  Tommaso Pini, durante il suo cammino di Santiago. Lo incontro. Chiacchieriamo. Tommaso Pini ha una luce bella. È una di quelle persone che ti accoglie con un sorriso sincero. È asciutto, poco cerimonioso, come piacciono a me le persone. Naturale e appassionato, mi racconta di cosa tratta questo progettoTommaso mi narra che, durante il suo cammino di Santiago, ha aperto un blog dove registrava i racconti e le storie delle persone che ha incrociato nel suo percorso. In più, ne faceva dei ritratti fotografici in cui chiedeva loro solo e semplicemente di sorridere, e di tenere tra le braccia lo zaino.

Ma ciò che ha preso la mia attenzione è stato un dettaglio. Un pARTicolare. E non il dettaglio di una fotografia, questo è il meraviglioso. Un dettaglio comune a tutte le fotografie. Tutte le persone ritratte hanno un sorriso pienoE uno sguardo serenosoddisfattoconcretoÈ come un filo comune. Lo noti subito. Lo noti, ne rimani incantata e lo segui, come il filo di Arianna, per trovare l’uscita da quel Labirinto. Ma l’uscita non c’è.

È tutto lì dentro, ed è bellissimo.

Sono rimasta colpita soprattutto dal ritratto di una ragazza, forse perché l’ho sentita vicino a me per l’età. O chissà perché. Una colonna, verticale e radicata, dietro di lei. Quel sorriso in lei prende una luce ancora più forte. Lei si appoggia alla sua mano. È viva la stanchezza, è presente la stanchezza del cammino, certo che lo è. Ma lo sguardo, il sorriso sono completamente uniti in una luce di colore. Una stanchezza felice, gratificata, ma soprattutto completa e cosciente di, chissà, quale verità.

Questa verità è il mistero di ogni fotografia. Vi è la coscienza di una sicurezza compresa, in quei volti, in quei sorrisi. Ma una coscienza serena e non arrogante. Un loro piccolo magari, o grandissimo, dono trovato, risposta afferrata, certezza conservata.  

Tommaso Pini è un fotografo, e probabilmente uno scrittore, dall’occhio estremo. Ho osservato le sue fotografie, poi, ancora più attentamente. Da questi scatti traspare che Tommaso Pini è un uomo dai punti di vista (e di vita, forse) contrastanti, lontani e in parte contrari. Le sue foto riprendono l’uomo piccolissimo in distese di paesaggi, a ricordare i dipinti dell’Ottocento Romantico (Caspar David Friedrich con il suo Monaco in Riva al Mare, 1808- 1810), o primi piani di volti espressivi e  tattili. Non ci sono vie di mezzo nelle fotografie di Tommaso. Ha la vista o lunghissima, o vicinissima, a scavare l’anima bella delle persone.

Come a dire che l’uomo è tanto piccolo in confronto alla natura, ma per noi, tra noi, se ci guardassimo più da vicino, se ci amassimo di più, saremmo stretti, invincibili e uniti. Così grandi e immensi come quei paesaggi di cotone dorato.

E il sorriso di Joan Mirò su cui ragionavo ritorna.

Con uno zaino da tenere al cuore, le mani intrecciate, e un sorriso pieno, dritto e puro.

Di chi ha camminato con gli altri.

Ma, soprattutto, di chi ha imparato a camminare da solo.

Al fianco sgualcito, e stremato, di se stesso.

Per Approfondimenti:

La mostra  Serendipity. I volti del cammino ha inaugurato il 6 maggio 2016 al MUDEC di Milano in via Tortona 56 e rimarrà visitabile fino al 29 maggio 2016.

Link utili: 

Serendipity – I volti del Cammino

Pagina Facebook del progetto Cammino di Tommaso Pini

Scritto per MIfacciodiCultura – Artspecialday.com

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