Proprio poco tempo fa mi sono imbattuta nella storia di Santa Cecilia, leggendo il saggio di Georges Didi-Huberman Ninfa Moderna.

Santa Cecilia è la protettrice dei musicisti, e nel dipinto di Raffaello l’Aura di perfezione e lontananza ci fa immaginare una santa delicata. In realtà, come spesso capita di scoprire, nessun Santo ha una vita semplice e perfetta.

Osserviamo il dipinto.

Raffaello nel 1516 realizza una Estasi in una Sacra Conversazione.  Vediamo ritratti, in ordine da sinistra: San Paolo, San Giovanni Evangelista, Sant’Agostino e Maria Maddalena. Al centro, Santa Cecilia e ai suoi piedi, strumenti spezzati, probabilmente simbolo della caducità della musica terrena, versus l’eternità della musica celeste: l’aldilà, il coro degli angeli che a noi sembra poter sentire, a cui guardano gli occhi adoranti della Santa protagonista. Una divisione tra cielo e terra molto cara a Raffaello, che poi troverà un valore estremo nel suo dipinto conservato alla Pinacoteca Vaticana: La Trasfigurazione (1516-20).

Ciò che colpisce in questa rappresentazione è il sentimento di eleganza e placata serenità. A parte il pensieroso e preoccupato, già Michelangiolesco, san Paolo, nelle sue vesti folte e nel suo corpo muscoloso, tutti i protagonisti sono accolti da una atmosfera di distacco e leggerezza. La stessa Santa non sembra colta da una estasi, ma quasi da un sogno, da un pensiero lontano e impalpabile.

Eppure Santa Cecilia sarà rappresentata in maniera ben diversa, dopo un centinaio di anni, nel 1600,  dallo scultore Stefano Maderno.

Una donna casta, sdraiata, con il volto nascosto. Il corpo teso e magro, il panneggio a coprirla segretamente. E una goccia di sangue a scintillare sul suo collo.

In quest’opera, sembra venir raccontata l’agonia della martire Santa Cecilia, che secondo la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze, fu colpita tre volte sul collo per essere uccisa, ma non morì e per tre giorni elargì ancora amore e bene.  La statua di Maderno vuole fissare qui, in un momento, quel tempo prolungato, quella durata impossibile: la giovane santa immobile per tre giorni sul pavimento, agonizzante con la testa semi staccata, mentre non smette di donare fede e amore.

Interessante notare come la pittura di Raffaello, così distaccata e perfetta, e soprattutto la sua rappresentazione di questa donna, muterà negli anni dell’arte barocca. Anni in cui il senso e il sentimento prendono il posto dell’illusione di perfezione. Anni in cui non si ha paura di creare in scultura l’agonia di una donna, prima che santa, prima che martire. Una scultura che racconta il miracolo nel momento dell’avvenimento, che diventa eterno in un attimo e che distende il tempo, in maniera imprevedibile.

Questi sono i misteri non solo della Fede, ma anche dei Santi.

E dell’imprevedibile Arte.

Scritto per MiFaccioDiCultura – Artspecialday.com

Per Approfondimenti: G. Didi-Huberman, Ninfa Moderna, ed. Il Saggiatore, 2004

Federica Maria Marrella

Classe 1986. PhD in Comunicazione e Nuove Tecnologie. Il mio lavoro di ricerca si concentra sull’Iconografia Femminile nella Fotografia di Moda Contemporanea. Storica dell’Arte, Educatrice Museale. Docente di Storia dell’Arte. Scrittrice. Curiosa osservatrice. Amante della Poesia e della Musica. Costruttrice attenta e costante di Piccoli Sogni.

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