La fotografia di moda nasce, agli inizi del Novecento, per ritrarre gli abiti. La tecnica ripresa è quella del “pittorialismo”, una ripresa della scena, dell’effetto, dell’iconografia pittorica del tempo. Boldini, Manet, Renoir, Monet: gli impressionisti erano i pittori di riferimento, per un nuovo strumento di ritratto di bellezza, di femminilità, di eleganza. L’abito era il protagonista assoluto, in primo piano, tattile e concreto. Tra le pieghe del tulle, i cappelli importanti, gli ombrellini e i bottoni piccoli a ricoprire schiene diritte.
Fu uno il fotografo che modificò per sempre tutto questo. Edward Steichen(Bivange, 27 marzo 1879 – West Redding, 25 marzo 1973) trasformò la fotografia di moda, da fotografia dell’abito a fotografia di una atmosfera,di un racconto. Fu lui a introdurre per sempre il mistero, e il suo stile fu chiamato Modernismo.
In cosa fu moderno, Steichen?
Non lo fu solo perché si ispirava ai pittori del tempo, alle prime Avanguardie artistiche, alle opere che seguiva e amava di Picasso, Matisse e Rodin. Edward Steichen, più di tutto, modificò il punto di vista sul soggetto rappresentato. La donna, tra le sue mani, divenne corpo di vita, non solo manichino da sfilata. “La donna vista da Steichen era elegante senza romanticismo, e femminile senza sentimentalismo”, afferma Nancy Hall-Duncan. Perché diventa chic, parola molto utilizzata all’epoca. Diventa moderna, senza corsetto, sportiva. Gioca a Golf, si muove leggermente. Questo, però, avviene dagli anni Trenta della sua attività. La donna di Steichen non si distacca del tutto dal pensiero Romantico nella prima parte della sua carriera (gli anni Dieci del Novecento).
Ma sicuramente, in tutte le sue opere, la donna nasconde una vita, una ricchezza inaspettata, una verità da dover far intravvedere. Si introduce, dunque, la narrazione. Tra il buio e la luce, il bianco e il nero, il controluce, la natura esposta. Con Steichen la fotografia di moda si colora di oggetti. Di avvenimenti. Di elementi e personaggi che raccontano, in un modo o nell’altro, qualcosa su ciò che viene fotografato: una scala, una sarta che sistema l’abito, un volto scurito, una dipinto sullo sfondo, cornice e abbraccio a soggetti pensierosi. Un divano, alcuni fiori in un vaso accennato. Un pianoforte.
Un sorriso della modella che osserva qualcuno al di fuori della cornice. O, addirittura, una silhouette in controluce, dove neanche più il vestito è visibile. Solo un gioco di colori tra bianco e nero. Tra vita e mistero, di una donna intenta a giocare a golf. Una donna chic e moderna.
Uno specchio. Uno specchio che, miracolo, fotografa per la prima volta cosa avviene aldiquà della macchina fotografica. Una finestra nella finestra, una tenda immaginata. Un volto sfuggente.
Ecco uno scatto in pARTicolare. Una fotografia tra quelle realizzate nel 1911 per la rivista Art et Décoration, dal titolo Miroir.
Una donna, di spalle. Una pelliccia le cade sulla schiena. Il volto non lo vediamo, lo immaginiamo. Un rimando al cinema muto del tempo. A quelle dive senza parola ma dalle labbra porpora e sincere. La donna si volta verso chi guarda. Di fronte a lei uno specchio che sembra riflettere un’ombra, al di qua della rappresentazione. Forse l’ombra di una persona che attira l’attenzione della modella. Cosa avviene qui, al posto dello spettatore? Come un palco, di leggera prospettiva, verso una realtà che è quella vera, ma qui, rappresentata sullo specchio.
La posa di lei, il suo abito, i suoi tratti, i suoi capelli neri e raccolti ricordano le opere di Gustav Klimt, in particolare la Giuditta (1901) (Vedi: Gustav Klimt. Il pARTicolare nella sua Giuditta).
Femme fatale, nascosta tra le pieghe di una natura inaspettata e misteriosa. Il Romanticismo, ma anche uno stile Liberty. Stile Floreale, che viene ripreso dal disegno sul suo vestito, che riprende, anch’esso, lo sfondo dell’opera di Gustav Klimt. Una Giuditta, una donna dallo sguardo lontano ma presente.
Una donna che diventa viva, per la prima volta.
Qualcuno ha chiamato.
La modella si volta.
Il mistero si è espresso.
Nel silenzio di un’ombra.
Nell’ombra di uno specchio.
Scritto per MIfacciodicultura – Artspecialday.com
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